6
Giu

Quarantuno giri intorno al Sole e quarantamila chilometri

   

Pubblicato venerdì 6 Giugno 2025 alle 18:37 da Francesco

Sono passati quarantuno anni da quando sono venuto al mondo e negli ultimi dodici ho corso quarantamila chilometri, ma non sono arrivato da nessuna parte e non so neanche se vi sia una destinazione: v’è davvero una fermata escatologica presso cui scendere? Non ho meta e vagabondo nel ristretto tempo dell’attuale incarnazione. Cerco di fare in modo che il mio organismo secerna poco cortisolo e tutto sommato sono contento. Non ho radici né punti fermi, però ho un preciso senso estetico e mi pervade una certa sicurezza interiore full optional: sono proprio in una botte di ferro che spero non arrugginisca.
Con il proverbiale senno di poi si può fare qualunque cosa nel regno della fantasia, ma a discapito di quanto accade e viene interiorizzato nel dominio della realtà. Io sono tra le cose del mondo, cosa del mondo io stesso.
Per il mio genetliaco non ho regali da farmi né da ricevere, non v’è quest’oggi nulla che mi cagioni un picco glicemico, non ho nostalgie da riverire con incensi e ricordi né effusioni da scambiare. Non ho fiori del male da innaffiare, non isso la bandiera del pessimismo e, nella misura del possibile ma soprattutto della mia pigrizia, provo a levigare il tempo corrente. Non so cosa accadrà in futuro, ma se millantassi doti di chiaroveggenza di sicuro aprirei una trasmissione televisiva su qualche rete locale, con un modus operandi un po’ anacronistico, di fatto vintage, ma comunque valido per imbonire gli spettatori più âgé.

Categorie: Parole |

Parole chiave: , ,

29
Mag

Archivio onirico: sogno n° 36

   

Pubblicato giovedì 29 Maggio 2025 alle 01:58 da Francesco

Quello della scorsa notte è stato un sogno molto coinvolgente e anche piacevole per certi versi, infatti ho finito per considerarlo una sorta di premio e difficilmente lo dimenticherò, ma per me è stato più significativo per la sua intensità che per il suo contenuto.
Mi trovo in una stanza della mia casa e con me c’è una ragazza dall’aspetto piacente che tuttavia non rispecchia le mie predilezioni estetiche: è bella eppure la sua beltade non è canonica perché porta un’acconciatura insolita e non riesco a identificarla con nessuna persona di mia conoscenza nella vita vigile. Provo un grande affetto verso costei e ne sono pienamente consapevole, le voglio davvero bene e percepisco come il sentimento sia ricambiato benché da parte sua lo sia in misura minore. Lei è arrabbiata e triste al contempo, ce l’ha persino con me e il sogno cadenza la nostra conversazione da diverse angolature, ma ogni volta qualcosa cambia sul volto della ragazza: il colore dei capelli, il loro taglio, la forma degli occhi, eppure è sempre lei e il nostro discorso procede con questa surreale alternanza somatica. È una situazione tanto strana e straniante per quanto meravigliosa.
A un certo punto avverto una forte sensazione d’impotenza perché mi rendo conto che non posso aiutarla e così mi limito a guadarla: mentre la osservo provo quello che immagino si chiami amore, un trasporto sincero, qualcosa che di sicuro non ho mai provato nella realtà e di cui, fino a quel momento, non avevo mai fatto esperienza neanche nel mondo onirico. Una nuova inquadratura mostra me che scuoto la ragazza per le spalle, come per farla tornare in sé: a ciò segue un abbraccio lunghissimo di cui percepisco il contatto fisico, come se mi trovassi davvero lì in quel momento e non stessi sognando.

Credo che questa sia stata l’espressione inconscia più potente della mia sfera affettiva, come se avesse espulso una tempesta elettromagnetica dalla sua corona solare. Chi ho abbracciato non era una ragazza vera e propria, un nome all’anagrafe e un volto nei ricordi, bensì l’affettività in quanto tale come aspetto della mia persona, apparentemente trascurata perché in me non ha mai avuto inizio: ecco il conflitto, qualcosa di “trascurato” sebbene io non lo reprima e mi limiti a constatarne l’assenza per le ragioni più disparate. Questi sono moti interiori, simili a onde attraverso le quali riesco a navigare con sicurezza.
Al risveglio mi sono interrogato sulla portata del sogno e ne ho colto, una volta ancora, un’urgenza a cui non posso dare seguito perché certe cose assumono un senso ed eludono il proprio sabotaggio solo quando siano spontanee. L’inconscio parla di me e io ne traduco in termini razionali quanto già è stato tradotto in immagini oniriche, ma posso solo contemplare gli effetti e non ho modo di agire direttamente sulle cause. Alla fine è stata un’esperienza stupenda, o almeno io l’ho vissuta in questo modo grazie al mio assetto interiore, perciò mi piacerebbe che i miei recessi si rivolgessero di nuovo a me con un simile impeto.

Categorie: Archivio onirico, Parole |

Parole chiave: , , ,

12
Mag

Le cose di sempre

   

Pubblicato lunedì 12 Maggio 2025 alle 00:26 da Francesco

Non v’è nulla che mi sfiori nel tempo a cui appartengo e non ho parole in sospeso con nessuno. Resto negli ampi margini della vita che scorre, dove sono estraneo persino al senso di estraneità e quindi non ne subisco le implicazioni negative. Ho un vantaggio tattico su ogni forma di noia e mi considero fortunato, ma non so in quale regione della volta celeste splenda la mia buona stella e così non mi resta che ringraziare il cielo tutto. Non v’è specificità di sorta nei miei orizzonti immediati, come se fossero coperti dalla bruma del più pigro tra i mattini. Non sono un geometra e non ho progetti a lungo termine.
Da qualche giorno a questa parte non faccio altro che mangiare riso bianco e fagioli, un connubio che incontra il mio gusto corrente, tuttavia io di corrente dal culo non ne faccio poi molta e quindi l’attesa d’imponenti flatulenze è vanificata da pavide scoregge d’ordinanza: forse riuscirò a fare di meglio, forse. Ho una buona digestione, ma dubito che da fuori si noti e non so se abbia un peso sul curriculum vitae, ma di sicuro modifica quello sulla bilancia a mio beneficio.
Provo a immaginare quali inenarrabili casini accadrebbero se qualcuno potesse modificare a penna la costante della forza di gravità sulla Terra. Ogni mondo ha le sue leggi e così ogni microcosmo, ogni interiorità: io provo a osservare le mie e qualche volta cerco di riformarle. Mi chiedo dove sia finito tutto il tempo pregresso, in quale scarico fognario con allaccio diretto nel passato. Adesso sono qui, sto scrivendo, la mia coscienza me lo conferma e io non ho nulla da eccepire, tuttavia il presente a tratti mi risulta elusivo e non riesco sempre a sovrappormici: quest’ultimo suppongo che sia un problemino comune, simile ai disturbi di stomaco dei quali, come testé scritto, io non soffro. Posso vedere il bicchiere mezzo pieno e dissetarmici senza che abbia da temere un reflusso.

Categorie: Parole |

1
Mag

È andata via la luce

   

Pubblicato giovedì 1 Maggio 2025 alle 17:12 da Francesco

Chissà come fu il buio a cui si opposero i primi fuochi, quando i giovani occhi della specie ne circondavano le fiamme e domandavano di sé stessi a sé stessi. Tutte le notti in cui nulla mai si rivelò. I diluvi a cui seguirono i silenzi, le rinascite che non ebbero testimoni, clandestini dallo spazio profondo che sconfinarono nell’atmosfera terrestre e là bruciarono, contromano rispetto a Icaro. Vennero gli dèi a tempo determinato ed ebbero un appalto metafisico che durò finché pure loro non caddero sotto il proprio peso. Prima un’estinzione e poi un’altra ad annunciare la successiva, in un continuo e ciclico scompenso, intrinseco all’ordine delle cose.
Non riavvolgo il nastro, ma lo butto perché oggi la tecnologia è un’altra, eppure basta una fatalità, un cortocircuito, un calo di tensione, per riportare i presenti a tempi che mai vissero, se non per interposti decessi. Un guasto produce un errore e l’errore emana la più crudele delle risposte, quella che non ne ammette altre. Calano le tenebre quando non v’è elettricità che possa fare le veci del Sole. Le candele ormai servono solo per ordinare miracoli che non vengono più prodotti in serie. Spente le centrali e calati i sipari, s’interrompe l’ipnosi a corrente continua. Chi può riluce dentro di sé, senza allacci alla rete né attaccamenti d’altro tipo, convertendo le proprie energie interiori in lampi di sussistenza: in questo caso è tutto a costo zero, senza tariffe monorarie né biorarie, senza monoteismi né politeismi, senza oppiacei né loro succedanei. Nella notte così ristabilitasi, sopite le rivoluzioni industriali ed ella di nuovo vestita con l’oscurità che dall’oscurità venne, v’è chi vede tutto e v’è chi non vede nulla: le mezze misure spariscono sotto il dominio di un’interezza o di un’altra. Il pensiero finisce per addensarsi nell’unico rendez-vous rimasto ai sensi e là, in quell’assiepamento, i sismografi disegnano verità a misura d’uomo o di cosmo. Un corso accelerato di oblio, una sua parziale anticipazione, una prova gratuita laddove il tempo si arresta senza che nessuno possa o sappia identificarlo.
Come mi pongo al cospetto di tutto questo che di sé fa negazione?  Potrei appollaiarmi sul tempo che rimane, ammesso poi che esso esista davvero. Potrei chiedere la chiusura anticipata di ogni ciclo di Krebs che mi riguardi o potrei questuarne di ulteriori. Potrei mettere una taglia od ogni mio atomo sull’istante corrente, ma se ne facessi partire la caccia poi dovrei guidarla davvero. Potrei annullare ogni condizionale obbligatorio, potrei, così se non volessi farlo rimarrebbe in vigore ma senza sanzioni: una misura proforma, come talora sembra ogni manifestazione creazionista o evoluzionista che sia.

Categorie: Parole |

Parole chiave: , , ,

13
Apr

Un bellissimo miraggio

   

Pubblicato domenica 13 Aprile 2025 alle 18:17 da Francesco

Mi ha sempre disgustato il puzzo di fumo e per evitarlo mi sono precluso occasioni di vario tipo, alcune forse irripetibili.
Per me il tabagismo è vomitevole in ogni sua forma, infatti urta il mio senso estetico anche quando riguardo qualche film della nouvelle vague.
Non chiedo mai agli altri di smettere quando mio malgrado ne incontro le coltri, ma prendo e me ne vado, tanto cosa può mai capire chi deve ficcarsi qualcosa in bocca per stare tranquillo? ?
Ecco perché mi fa ridere che i Camel siano il mio gruppo preferito e che la copertina del loro album migliore (per me) faccia il verso ai pacchetti delle omonime sigarette.
Sono molto affezionato a questo disco e lo ascolto quando ho bisogno che qualcosa mi parli in un certo modo.
Ne ho la prima stampa in vinile, una remaster in CD di qualche anno fa e un’edizione giapponese in SHM-CD.

Categorie: Immagini, Musica, Parole |

Parole chiave: , , , , , , , ,

8
Apr

Archivio onirico: sogno n° 35

   

Pubblicato martedì 8 Aprile 2025 alle 02:23 da Francesco

Era da marzo dello scorso anno che non riuscivo a serbare memoria d’un sogno, o almeno a farlo in una misura tale che mi consentisse di scriverne. Questa lunga assenza di ricordi onirici forse è stata specchio di una prolungata fase in cui il mio inconscio non ha avuto molto da dirmi o, forse, le circostanze e la modesta entità delle astrazioni lo hanno fatto esprimere a sussurri.
Mi trovo su una grande barca insieme ad altre persone di cui non rammento i volti ma che sono certo di conoscere. È bel tempo e le ore sembra che appartengano al primo pomeriggio. A un certo punto entro in sottocoperta e mi stupisco perché riconosco il volto di S., una ragazza reale con cui ebbi a parlare anni e anni fa su suo impulso. Lei non si avvede di me perché è intenta a fissare con aria stupefatta un bell’uomo che la osserva alla stessa maniera. I due si guardano intensamente, al modo in cui forse si può immaginare la folgorazione di un colpo di fulmine, e all’improvviso si baciano con grande trasporto. Alla vista di questa scena romantica vengo colto da un sentimento ibrido in cui amarezza, rassegnazione e ammirazione si mischiano insieme, perciò mi allontano e vado in un altro angolo della sottocoperta, ma qui l’ambiente cambia e mi ritrovo in un negozio in disuso presso una via commerciale che associo alla città della ragazza suddetta. Qualcuno mi dice qualcosa ma non riesco a capirne le parole. All’improvviso la scena cambia ancora e mi sembra di vedere un film a colori con Alberto Sordi (anch’esso simbolo della città a cui ho fatto cenno poc’anzi) sebbene egli non appaia e io sia convinto di conoscere il titolo della pellicola: il protagonista passa davanti a una grande struttura in cui c’è scritto “Liberal” a caratteri cubitali, poi percorre una ripida salita per raggiungere un grande monumento in marmo in cui dice e fa delle cose di cui non riesco a rammentare nulla: fine.

Per tentare una vaga interpretazione dovrei tirarmi su le maniche se già non indossassi una t-shirt. Sotto certi aspetti questo sogno ha degli elementi ricorrenti, ovvero la distanza e la voragine affettiva, ma contiene anche degli elementi criptici e inediti di cui non so fornire manco i contorni. Proprio in questi giorni pensavo e scrivevo di come certe esigenze emotive si affaccino con più convinzione nel corso della primavera, perciò immagino che il sogno dia conto di questa recente dinamica. Credo che l’inconscio si dimeni e voglia spronarmi affinché io compia quanto mai ho potuto o voluto compiere, ma le cose non funzionano in modo così meccanico e quindi mi attendo visioni analoghe nelle notti venture. L’unico volto noto per me è stato quello di S., di cui non so più nulla da parecchi anni, ma credo che la sua apparizione sia stata simbolica e non riferisse di lei in quanto lei. La mia non è una lotta interiore, ma è simile a un fenomeno atmosferico, un po’ come la pioggia nelle stagioni monsoniche. Forzature non possono esservene né in un senso né in un altro e se nulla nasce di spontaneo, allora spontaneo è il nulla stesso.

Categorie: Archivio onirico, Intimità, Parole |

Parole chiave: , , , ,

5
Apr

Mi scrivo

   

Pubblicato sabato 5 Aprile 2025 alle 21:34 da Francesco

Arrivo spesso a un punto morto e non ne ho alcuno di riferimento, ma riesco sempre a trovarne uno d’osservazione. Guardo in avanti perché non ho gli occhi di dietro né il vizio della nostalgia, però non mi perdo nella stantia retorica di chi illude se stesso che vi siano alternative all’avanzata nel tempo: come tutti gli altri non posso che seguire l’andamento dell’entropia e le sue implicazioni più o meno dirette. Mi lascio trascinare dalla corrente mentre cavalco un coccodrillo di gomma.
In questo periodo non nascondo una certa e persino piacevole malinconia, però nemmeno la metto su un piedistallo in bella mostra: non sono né suo complice né suo delatore e arraffo quanto di buono mi concede. La primavera mi piace, ma produce in me moti d’animo che all’apparenza si contraddicono o si annichilano, come se vi fosse un rendez-vous di particelle e antiparticelle.
Il mio accentuato isolamento mi giova oltremodo perché mi concede vantaggi concreti, ma al contempo mi preclude ciò di cui l’attuale stagione è sovente simbolo o allegoria. In effetti sono regioni di cui non ho mappe né indizi, terre ignote ove non mi sono mai avventurato, ma almeno non passo l’estate in qualche villaggio vacanze a fare balli di gruppo: non si può avere tutto nella vita, o forse, a volte, sì. Posso parlare e scrivere a malapena per me stesso, con me stesso e in me stesso: così faccio da decenni. I miei dialoghi interiori, di cui queste righe infinite sono una delle molteplici espressioni, costituiscono un attenzione verso il mio Sé, l’amor proprio, la cura nel senso d’aver cura di me e, talora, anche della guarigione. Tendo a ripetermi perché mi faccio eco non una, ma più e più volte. Mi piace passare le mani sul mio volto rasato: detesto la peluria.

Categorie: Parole |

26
Mar

Nel risveglio e nel sonno (o viceversa)

   

Pubblicato mercoledì 26 Marzo 2025 alle 19:48 da Francesco

Con un segno di comando ristabilisco un punto d’equilibrio. Non v’è in me prossimità alcuna: non so più dove mettere la distanza e per questa ragione spero che un piccolo demiurgo mi subaffitti un altro universo. Assisto agli altrui crolli, prendo atto di scomparse repentine e odo le sterili rimostranze di chi prova a rispondere agli insulti del tempo: tutta fatica sprecata, talora come la vita stessa. Scrivo in questa mia lingua madre nell’epoca corrente, un futuro passato di cui forse resteranno vestigia digitali. Rubo l’infinitesima parte di un istante perché la mia destrezza non mi consente nulla di più, ma già questo piccolo furto per me è un esproprio giustificato e lo faccio rifulgere nell’oblio venturo di cui i silenzi tombali sono discreti ambasciatori. La vita prima della vita, la vita dopo la morte, la morte prima della vita: mi vengono in mente i regoli delle scuole elementari.
Mi perdo in cose così grandi perché non ne colgo di piccole o forse valorizzo le seconde sulle ali delle prime. Non ho mai pensato di prendere una laurea, però ricerco dentro di me una figura che abbia esperienze extracorporee: voglio fare l’addetto alle risorse metafisiche. Quando dormo provo a fare altro, ovvero tento di mandare messaggi onirici e di viaggiare sfruttando la natura non locale di una realtà diversa, dove la fisica classica non ha giurisdizione, ma non so se qualcosa di tutto questo mi riesca poiché non ne serbo mai memoria: forse sarebbe opportuno che prendessi sono con taccuino e matita. Sono un habitué del digiuno intermittente, perciò se fossi stato un apostolo avrei disertato l’Ultima Cena, ma anche se vi avessi preso parte mi sarei limitato al pane azzimo: l’agnello e il vino giammai.

Categorie: Parole |

24
Mar

Remoti luoghi, pensieri prossimi

   

Pubblicato lunedì 24 Marzo 2025 alle 17:02 da Francesco

Non amo i visi lunghi nel duplice significato dell’espressione e anche a quest’ultima mi riferisco nella sua doppia accezione, ovvero quella facciale e di veicolo semantico. Cosa resta dei giorni che furono? Forse le macerie che uno vuole farne a seconda della propria indole: è una sorta di arredamento per terremotati. Guardo dentro di me e fuori di me, però non mi capita mai di sbirciare attraverso il buco della serratura come insegna qualche vecchio b-movie e poi, anche se volessi farlo non ne avrei modo, difatti trovo soltanto porte aperte che aggettano su stanze vuote. Le chiavi posso fonderle insieme per farne un’unica cosa inutile o, in alternativa, posso nasconderle sotto il tappeto insieme alla polvere di stelle.
C’è qualcosa di bello e trascurabile nell’alba di cui talora sono il giovane o tardo testimone (dipende dai ritmi circadiani). Sovente scendo dal letto col piede giusto e forse l’altro si adegua al socio per non creare conflitti, però suppongo che i due si agiterebbero e finirebbero per venire alle mani se io provassi a ballare il flamenco. I più si muovono a tempo della danza macabra e io stesso lo faccio, ma esistono anche altri ritmi e figure diverse, forse persino più fatali: l’oltretomba lo immagino come una serata latinoamericana e per questa ragione, una volta dismesso il mio attuale corpo, spero di recarmi altrove. Ogni tanto mi chiedo cosa succeda a milioni di anni luce di distanza dal punto in cui mi trovo. Vi sono grandezze e realtà di cui la mia immaginazione non può fabbricare neanche la parvenza di un accenno.

Categorie: Parole |

20
Mar

Gli anomali giorni del quieto vivere

   

Pubblicato giovedì 20 Marzo 2025 alle 02:28 da Francesco

Mi avvalgo della facoltà di respirare, ma secondo i crismi del pranayama. Non ho le farfalle nello stomaco e di norma preferisco che gli insetti volino in aperta campagna o nei giardini in fiore: il mio non è un atto discriminatorio. In passato ho sperato che certe premesse superassero il loro status, ma il loro unico sorpasso è avvenuto contromano in un frontale con la realtà dei fatti. Sono in grado di leggere una fine annunciata negli altrui entusiasmi, come se d’un film potessi indovinare l’epilogo dal suo titolo. Io doppio soltanto me stesso, anche perché altro non m’è dato fare.
Vivo negli spazi adiacenti al presente perché in questo periodo ho la sensazione che i miei giorni superino i limiti di velocità, ma non ho prove certe per inchiodare le ore a una staticità a cui, in ogni caso, nulla né nessuno può relegarle. Non colonizzo l’altrui attenzione e mi limito a regnare nel mio orticello, dove comodo sedo su un torno di sedani. Coltivo ortaggi e passioni solipsistiche perché non è male far di necessità virtù e poi, fatto trenta, far trentuno vien da sé, in particolare nell’atto di unire l’utile al dilettevole.
Le occasioni perse si sono perse da sole e non hanno avuto l’accortezza di lasciare molliche lungo il cammino: forse il loro destino era nel food delivery. Sarà il momento o il tenore di queste parole, però mi torna in mente un passaggio di “This must be the place”, film di Paolo Sorrentino, nel quale il protagonista dice: “Lo sai qual è il vero problema, Rachel? Passiamo senza neanche farci caso dall’età in cui si dice ‘un giorno farò cosi…’ all’età in cui si dice ‘è andata così…'”.

Categorie: Parole |