Ho terminato i preparativi per il mio viaggio nel Sol Levante. Alloggerò a Tokyo nel quartiere di Ueno, in un hotel a tre stelle per quarantasette euro al giorno. Mi sono occupato personalmente della prenotazione dell’albergo e dell’acquisto del biglietto. Mi fa piacere che tra me e il mio vagabondaggio in Estremo Oriente non ci siano i servizi di un’agenzia di viaggi. Non vedo l’ora di sverginare il mio passaporto. Probabilmente non mi rendo conto di dove sto andando. Sono un incosciente ed è giusto che io lo sia per rispetto verso la mia età. Diciotto ore di volo e oltre diecimila chilometri separano la mia cameretta dall’aeroporto di Narita. Sono felice di recarmi in Giappone da solo. È una cosa fra me e me stesso. Non condividerei questo viaggio nemmeno con una ragazza intenzionata a privarmi della verginità per amore. Non vedo l’ora di battezzare il mio passaporto. Partirò da Roma, farò scalo ad Amsterdam e dopo quattro ore ripartirò alla volta di Tokyo. Spero che nessuno perda i miei bagagli e durante il volo mi auguro di sedere accanto a una persona spiritosa con la quale condividere gli ultimi momenti della mia vita prima di precipitare. Scherzo e confido che il fato abbia il mio stesso humour. Chissà se in Giappone troverò il tempo di farmi una sega e di degustare la pelle di vipera fritta.
È notte fonda e non c’è un alito di vento. Una bambina senza testa cammina in equilibrio sopra un filo dell’alta tensione e nemmeno l’ubriachezza molesta di un povero sbandato si accorge della sua presenza. Un metronotte prende a pugni una saracinesca, piange e bestemmia. La cataratta di una vecchia osserva con delizia la sofferenza dell’uomo in divisa. In una stanza maledetta un ragazzo abbandonato da tutti non riesce a mantenere la sua mano ferma e si accinge a ficcare l’ago della siringa vuota nella carotide per porre fine alla sua vita. Un uomo perbene vagabonda da una periferia all’altra con il cuore che gli penzola sul ventre. Coincidenze sbagliate spaccano a martellate piccoli sentimenti e incubi promiscui ammorbano i sogni nuziali di una prostituta silenziosa. Il tempo cade dalle nuvole e sembra che non ci sia mai stato. Un negro lancia sorrisi artefatti a destra e a manca, ma i suoi trentadue denti contengono piccoli neon rossi che connotano in modo inquietante l’espressione del suo volto. I volantini pubblicitari saltano sul selciato in attesa di una preda umana da assalire senza esitazione. La sagoma di un dramma razzia una culla di legno e ruba la gioa genitoriale di una giovane coppia. Il cancro, l’Alzheimer, la distrofia muscolare e l’ebola compiono lunghi girotondi attorno a una carrozzella vuota. Dall’alto del nulla cadono gocce di odio che impregnano le mani insanguinate di un uxoricida. Diari cartacei raccolgono minuziosamente i preamboli dei suicidi inattesi. In questa notte funesta una Irene qualunque decide di cambiare il suo nome: d’ora in poi si farà chiamare “stuprata”. Domani il tempo sarà sereno. Sì, il tempo.
Quelle espressioni pacate celano bisogni affettivi. Musi duri, smorfie accondiscendenti o sguardi apparentemente indifferenti hanno come denominatore comune un’estenuante ricerca emotiva. Qualcuno chiede amore timidamente e riceve calci in culo, qualcun altro ostenta odio e riceve ammirazione. Molti individui mi sembrano comparse inutili, ma in realtà sono tutti protagonisti della loro esistenza. Ci sono persone che si uccidono perché cadono in baratri giganteschi e altre che vivono solo per pagarsi la tumulazione. Sono quadri incompiuti quelle famiglie improvvisate sulle fondamenta dell’egoismo che si disgregano a colpi di tempo. Chi mi dà i nominativi di coloro che vanno avanti a pane e Lexotan? C’è chi sfida l’AIDS per sentirsi meno solo e chi assume di tutto per raggiungere l’arresto cardiaco. Il corpo viene portato al limite per tentare di colmare le lacune incolmabili della personalità. Interessi intellettuali e amore per il sapere: un’eutanasia lenta e impercettibile. Ci sono tanti metodi per levarsi dal mondo prima di essere affidati alle cure di un’agenzia di pompe funebri e può succedere che alcuni di questi processi si mettano in moto autonomamente, come se si trattasse di una malattia ereditaria. Il malessere che si annida in ogni casta sociale è il figlio deforme dell’assenza affettiva o della sua percezione. Io sono protetto dalla mia lucidità mentale, ma cosa ha in serbo il futuro per coloro che non hanno mai trovato i lumi della ragione? Qua manca amore vicendevole e non c’è un container dal quale scaricarlo con un paio di braccia robuste. Il tuo lavoro di merda è affascinante, la tua laurea del cazzo è fantastica, queste riflessioni ripetitive e retoriche sono eccezionali, il tuo hobby, degno di uno stronzo, è davvero appassionante, le tue fottute imprese con gli amici sono epiche, ma io sono l’ennesimo saccente che ritiene inutile questo coacervo di attività utili e costruttive in un ammasso di carne e tempo che accusa i colpi dell’isolamento collettivo. Le espressioni tristi e appassionate si moltiplicano come un virus devastante e riesco solo a ridere e a pisciare di fronte a cotanto squallore.
Salve, il vostro dio è stato licenziato, adesso è tutto in mano ai giocatori di eugenetica. Raccattate le vostre bibbie, trovatevi un altro hobby e sloggiate dalle chiese. La stessa sorte attende anche le sinagoghe, le moschee e altre strutture adibite a culti minori. I vostri conflitti melliflui non ci intrattengono più a dovere. Non siamo più disposti a dare rifugio politico a Gesù Cristo e abbiamo messo in atto l’embargo nei confronti dei paradisi propugnati dalle maggiori religioni del globo. Rimuovete i lucchetti dalle menti che avete plagiato e ingoiate le chiavi senza fiatare. Bruciate le vostre divise ecumeniche e annegate la vostra vocazione nell’acqua che proclamate santa oppure cospargete il vostro corpo di cherosene e accendete un ultimo cero in onore del vostro pantheon. Questo è quanto. Avete settantadue ore per eseguire gli ordini che vi sono stati impartiti e il nostro braccio armato si occuperà di velocizzare la vostra caduta qualora non riusciate a completarla entro il tempo stabilito. Le convinzioni oppiacee saranno sottratte alla vostra potestà e condannate all’impiccagione. Squadre di soldati porteranno via i forzieri che giacciono ai piedi delle vostre icone e le ricchezze che avete accumulato a discapito della ragione fluiranno lungo le vie di una nuova era. Il vostro passaggio su questa terra verrà cancellato da qualsiasi documento per evitare che la vostra eredità oligarchica possa oscurare i giorni che devono ancora albeggiare. Non ci faremo scrupoli ad aprire il fuoco contro i vostri messia se tenteranno di intrufolarsi clandestinamente sul nostro territorio.
Due giorni fa sono andato in treno fino a Grosseto per ritirare il mio passaporto. Sono restato in piedi per tutta la durata del viaggio, accanto a pensieri discordanti e trascurabili di cui non ricordo il contenuto. I colori invernali della Maremma hanno contribuito per molto tempo alla salvaguardia delle mie vecchie mestizie e anche per questa ragione non sono mai riuscito ad apprezzarli. Dopo la breve visita alla questura sono tornato a Orbetello e ho trascorso il pomeriggio tra suoni piacevoli e immagini nipponiche. Ho fatto un acquisto modesto su Internet per completare il mio equipaggiamento multimediale e più tardi mi sono diretto all’agenzia di viaggi che si trova vicino a casa mia per acquistare il biglietto aereo, ma alla fine ho comprato online il volo di andata e di ritorno: poco più di ottocento euro, assicurazione e tasse aeroportuali e incluse. La partenza è prevista per il quattro febbraio alle dieci e venticinque di mattina: ogni kamikaze tirocinante è invitato ad aggregarsi. Ho dovuto scegliere tra la Swiss Air e la KLM, e alla fine ho deciso di affidare la mia vita a un pilota olandese. Non vedo l’ora di volare di nuovo. Conservo ancora sprazzi dell’ebrezza dei quattro voli transoceanici che ho compiuto comodamente nel ventre avionico delle creature dell’Air France. Mi auguro che il mio aereo non si schianti sugli Urali, ma spero che raggiunga almeno il Mar Caspio.
Credo che la presenza della tristezza e delle sue ancelle sia indispensabile per equilibrare il ritmo emotivo della vita. Quando oso immaginare il dominio imperturbabile della felicità sul mondo mi rendo conto di quanto sia importante la sua natura utopica. Se la mia specie fosse sempre contenta correrebbe il rischio di inebetirsi in uno stato di gioia incompleta. Ogni tanto ripenso ad alcuni eventi spiacevoli della mia esistenza e sorrido al cospetto della loro pochezza. Le sensazioni negative che ho avvertito a seguito di determinati eventi sono sempre state esagerate, tuttavia si sono rivelate utili per affinare la mia sensibilità. Lo spleen ha delle tinte romantiche, ma credo che sia un autoinganno per chi ama esasperare le proprie afflizioni e crogiolarsi nella limitatezza del decadimento psicofisico: una montatura emozionale che sorregge lenti sofistiche attraverso le quali la realtà appare distorta e apparentemente compiacente. Le avversità assomigliano a dei rifornimenti paracadutati. Non è semplice convertire gli aspetti nocivi che attanagliano la propria esistenza in condizioni positive che permettano alla medesima di migliorarsi, ma di sicuro non si tratta di un’impresa improba come la trasformazione del piombo in oro. Penso che il vittimismo e la tentazione di stringere accordi sottobanco con forme variabili di depressione siano gli ostacoli più perniciosi per un individuo. Ogni tanto rispolvero queste tematiche per sincronizzarle con il presente e per innestare delle aggiunte morfologiche e contenutistiche, a tratti impercettibili, nella loro struttura.
Inauguro il mio videoblog con questo agglomerato di polluzioni verbali che dura quasi sei minuti. A intervalli regolari o forse aperiodicamente registrerò altri frammenti della mia vita. Spero che l’uso puramente scenografico della bandiera dell’Arabia Saudita non mi faccia finire nel mirino di qualche gruppo terroristico né in quello del dietologo di Borghezio. Mi sono divertito a produrre questo filmato. Penso che mi faccia bene dialogare con l’obiettivo della mia Canon: è un ottimo interlocutore.
L’Inter è prima in classifica. Peccato che io non sia mai stato un tifoso nerazzurro e che non me ne importi nulla del calcio televisivo. Mi ha fatto sorridere la notizia del divorzio di uno dei membri dei Beatles ancora in vita. Se Paul McCartney fosse nato con un cazzo piccolo come il mio probabilmente non si sarebbe sposato e non avrebbe dovuto allungare la modica cifra di quarantotto milioni di euro all’ex moglie. Pare che qualche tonnellata di materiale inquinante sia fuoriuscito da una nave chiamata “Napoli” e mi chiedo se sia un caso che la protagonista di questo disastro ambientale porti il nome di una città avvezza alle emergenze legate allo smaltimento dei rifiuti. Tra una mattanza e l’altra è incominciato il reality show più amato dagli italiani, ma non da me. Trovo che “Il Grande Fratello” sia estremamente noioso a causa della sua natura goffamente seriosa. Insomma, non ritengo che il format del reality show sia necessariamente una stronzata e in passato ho apprezzato alcune delle sue espressioni, ma provo una repulsione di stampo mediatico per il “Big Brother” e per gli spazi che puntualmente riesce a occupare sugli organi di informazione. Vorrei che Mediaset mi permettesse di realizzare la mia versione de “Il Grande Fratello”. Lo ambienterei ai Caraibi con dei concorrenti di varia estrazione sociale e culturale: un integralista islamico, un rabbino, un ex galeotto, un esponente di Forza Nuova, una vedova, uno yogi, uno dei tanti manager che ha sputtanato lo stipendio dei suoi lavoratori, un dirigente di Mediaset, un tossico, una ragazza affetta dalla sindrome di Down e una ventenne in calore. A parte le stronzate credo che l’ingerenza della televisione nella società permetta a un gruppo ristretto di persone comuni di realizzarsi personalmente e di racimolare qualche euro. Certo, poi c’è lo snobismo, ci sono le critiche morali e tutti i teatrini caserecci che sono tipici dell’Italia, ma sono contento che certi prodotti televisivi di bassa lega abbiano una funzione sociale indiretta.
Mi sono alzato da poco e ho scelto il sax di Gato Barbieri per allietare l’inizio della mia giornata. Oggi il cielo si è scrollato di dosso qualche nube, ma continua ad accusare alcuni problemi di flatulenza. Non è successo nulla di particolare negli ultimi giorni, ma sono ugualmente contento di sentire il vigore educato del mio respiro. Il collo si muove nel tentativo di seguire il tempo di “The Shadow of Cat” e talvolta sembra riuscirci. Ho fatto una colazione abbondante: yogurt, cereali e una banana non ancora matura. Le mie gambe sono un po’ stanche. Ieri, durante il primo pomeriggio, ho pedalato fino alla panoramica del Monte Argentario e mi sono goduto la bellezza naturale dei movimenti superficiali del mare. Credo che la vista di uno specchio d’acqua durante l’inverno sia un’immagine banale, ma trovo che il suo effetto non abbia tinte scontate. Certi scenari naturali fanno rivivere in me il ricordo di momenti ricchi di spensieratezza che sembrano appartenere a un’altra vita e non escludo aprioristicamente che facciano parte del bagaglio di un’esistenza antecedente all’ultimo parto della mia ultima madre. Non credo alla reincarnazione, ma sono affascinato dal ciclo delle rinascite. Talvolta cesso di ammirare la mia incapacità di riporre fiducia nel folclore metafisico di questo pianeta per ammirare alcune delle migliori invenzioni soteriologiche degli antesignani delle convinzioni oppiacee dell’umanità. Tra poco mi masturberò e dedicherò un po’ di tempo alla lettura, più tardi monterò di nuovo sulla bicicletta e costringerò la mia ombra a seguirmi in un giro domenicale in mezzo alla campagna.
Io e la mia bicicletta, il freddo e le strade buie. Ho provato molte volte il terrore di non risaltare bene di fronte ai fari delle auto e in più di un’occasione mi sono visto riverso sul cemento con il cranio fracassato. Finora non ho mai lasciato rivoli di sangue ai piedi della segnaletica stradale e mi auguro che il mio appuntamento con la morte non avvenga sulle due ruote. Ogni tanto rievoco il ricordo di alcune pedalate faticose e fuori luogo caratterizzate dal fiato corto e dalla bizzarria del loro scopo. Ho macinato chilometri e ho raggiunto luoghi tanto vicini quanto meravigliosi nei quali ho vissuto momenti di stupenda solitudine. Talvolta ho girato a vuoto per non girarmi indietro, specialmente nel corso di periodo sfavorevoli. Sull’Aurelia, sulle strade di campagna, per le vie della mia cittadina e occasionalmente in altri lidi ameni: io, la mia gioventù e la sua illusione di restarmi accanto per sempre, come una diciottenne che si ostina a costruire una famiglia con l’uomo sbagliato per vivere in funzione del melodramma domestico. Durante ogni mio spostamento ciclistico viaggio con il pensiero lungo le sponde della realtà, ma ogni tanto mi concedo qualche escursione nella fantasia e in particolare nelle sue radure surreali. La fatica in certi momenti mi annienta, in altri mi permette di sublimare. Ho una buona resistenza e riesco scatenare una forza motrice piuttosto duratura grazie alla ingente quantità di energie che non uso per tutte quelle attività a cui sono estraneo: il lavoro, l’amore e lo studio accademico. È una giornata plumbea e qualche vento si diverte a spirare fastidiosamente. Mi arrapa l’aspetto apocalittico del cielo odierno. Tra pochi minuti consumerò il mio pasto solitario e più tardi solcherò le strade del mio comune con le ruote della mia modesta Legnano.