Pubblicato domenica 13 Ottobre 2024 alle 00:57 da Francesco
Le parole al vento non volano nei giorni in cui a spirare sono soltanto i corpi, perciò spesso restano dove sono state pronunciate, in balìa d’ogni calpestio e obliate prima di tutto dalla loro caduta verticale. Talora sembra che non resti molto da dire e in altre circostanze è come se nulla fosse mai stato detto. Non sono in grado di associare precisi inizi a finali certi, ma non me curo perché la mia testimonianza non è vincolante. Talora le migliori intenzioni non scendono in campo per giocare, bensì vengono reclutate per la raccolta delle altrui paturnie: l’empatia è un lavoro stagionale. Non so spiegare a cosa serva cercarsi all’interno di terzi quando è possibile farlo già dentro di sé stessi, ma d’altro canto ci sono cose che mi sfuggono mentre io manco le inseguo. Non mi considero una minaccia fantasma, tuttavia valuterei l’idea di travestirmici se fosse mio costume (appunto) festeggiare la notte di Halloween.
Abito le ore che mi sono più prossime e non ho appuntamenti da confermare né da cancellare, o almeno non d’importanti. Ci sono entusiasmi di cui sono il sano e solo portatore, ma è difficile tradurne la portata e gli effetti: per mia fortuna io non devo imbastire uno spettacolo itinerante sui miei moti interiori e le loro varianti. Di solito non rubo con gli occhi né con le mani, però se ne fossi in grado mi approprierei del futuro. Non voglio fare mio qualcosa, ma recuperare quanto già custodisco a mia insaputa.
Perché delegare ai posteri l’ardua sentenza quando si può sollevare i primi dalla seconda e la seconda da sguardi indiscreti? Ai silenzi di nulla e nessuno le spoglie di tutto.
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Pubblicato martedì 1 Ottobre 2024 alle 21:50 da Francesco
Se dimorassi al settimo cielo riuscirei a vedere le lunghe gittate dei missili balistici? Non di rado dietro la presunta empatia si cela il vessillo del narcisismo. Gli uni combattono contro gli altri perché Polemos è il padre di tutte le cose: il conflitto si avvale della morte e della distruzione mentre si estrinseca come principio vitale. La realtà è fatta di contraddizioni e paradossi ai quali non bado più dello stretto necessario. Non ho parte in causa, qualunque essa sia.
La mia voce si fa eco e parla a se stessa: è comunicazione a chilometro zero. Non ho contatti segreti né scoperti, bensì posso contare sulla piena adesione di me stesso alla mia persona e alle sue ridondanze, compresa quella che ho appena vergato. Il mio è uno dei tanti deserti che popolano il mondo, ma per me è un habitat ideale e ne conosco quasi ogni angolo, inoltre so come trarne risorse pressoché inesauribili: la mia transizione ecologica è avvenuta già da tempo e senza il problema dell’inquinamento. Quello che mi manca assomiglia a un nembo passeggero e quindi, talora, la presenza delle assenze non mi dispiace affatto, così come i temporali con annessi rovesci sanno vitalizzarmi in un modo tutto particolare.
Dai bastioni del mio regno interiore non scorgo orizzonti nuovi, ma vedo con chiarezza ciò che conosco da sempre e con cui mi oriento ancor oggi. Le sabbie del tempo seppelliscono molte cose e difatti ampie dune si profilano innanzi a me, tuttavia i miei entusiasmi più forti continuano a scrollarsele di dosso dietro mio preciso ordine. Non risuona altro nome al di fuori del mio ed è dunque in nome di me stesso che mantengo il potere sul tempo a mia disposizione.
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Pubblicato domenica 22 Settembre 2024 alle 17:14 da Francesco
Venerdì mi sono recato a Roma per vedere dal vivo i Belphegor e quello che resta dei Malevolent Creation, ossia Phil Fasciana. Senza infamia e senza gloria, è stato un concerto onesto che è valso il viaggio in un sottoscala capitolino. Ormai sono sempre meno frequenti le tappe dei gruppi seri nel centro Italia, perciò raccolgo quello che posso.
“Retribution” dei Malevolent Creation è un album che amo molto nel panorama storico del death metal, perciò ho colto l’occasione per supportare la band dal vivo sebbene non sia più quella di oltre trent’anni fa; i Belphegor mi sono sempre piaciuti ad album alterni e costituivano un altro valido motivo per recarmi in situ. Per mia fortuna seguo e apprezzo generi diversi, perciò in qualche misura riesco a contenere la desertificazione di concerti che siano nella mie corde. Per me la dimensione ideale è quella del piccolo club, al massimo cinquecento persone, giacché è in una simile situazione che riesco ad apprezzare al meglio un gruppo.
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Pubblicato venerdì 13 Settembre 2024 alle 15:40 da Francesco
Che bello non avere figli: si tratta di un grande sollievo esistenzialistico e di un esonero da tante, troppe beghe. Negli ultimi tre lustri mi sono avventurato più volte nella psicologia del profondo e non vi ho mai trovato impliciti i presupposti dell’antinatalismo, tuttavia la prima offre a quest’ultimo dei validissimi punti. Mi fa ridere il concetto di lignaggio, magari non mi ci sbellico fino a piegarmi però non posso negare che mi diverta perché lo trovo insignificante rispetto ai ritmi del cosmo, manco ci fosse da mandare avanti la dinastia dei Ming o la casata Atreides.
Poi per carità, ogni neonato in prospettiva è un’unità di forza lavoro, può concorrere alla sostenibilità del welfare state e conferisce un senso apparente all’orizzonte della morte, ma esistono altri egoismi oltre a quello della specie, per esempio il mio che non vuole essergli subalterno! Sono approdato allo scritto di Winnicott su impulso di una decana della psicoanalisi, perciò ho raccolto il suo suggerimento, iniziativa piuttosto rara da parte mia. Di Gioco e realtà mi sono rimasti due prospettive in particolare, ossia l’idea dell’oggetto transizionale e il modus operandi che tende a ritardare l’interpretazione nel setting affinché essa non precluda certi possibili sviluppi nel paziente.
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Parole chiave: antinatalismo, gioco e realtà, Winnicott
Pubblicato domenica 1 Settembre 2024 alle 23:14 da Francesco
Le parole non pesano molto, ma io rinuncio a lanciarle dove non possono arrivare e quindi neanche le preparo. Preferisco dilettarmi in cucina benché si tratti di un piacere coniugato al dovere, difatti se non mi prodigassi ai fornelli avrei la strada spianata verso l’inedia. Sono un pessimo cuoco e non mi definisco tale per modestia, lo sono davvero, perciò realizzo pietanze semplici che tuttavia mi piacciono e mi soddisfano. Di norma consumo i miei pasti improbabili di fronte al monitor che sto guardando in questo preciso istante e non ricordo una sola volta in cui io gli abbia offerto un boccone. Entità diverse hanno bisogni differenti e talora non possono comunicare tra loro. Un essere senziente come si può rapportare a un oggetto inanimato? Tutt’al più, a mo’ di piccolo demiurgo, il primo può investire d’importanza il secondo e riceverne indietro qualcosa, come se spedisse una lettera a se stesso e si compiacesse nel leggerla.
Non mi domando se io abbia un ruolo nel grande schema delle cose e non faccio nulla per candidarmici: vivo come sono abituato a fare e m’intrattengo in me, con tutto ciò di cui dispongo al mio interno. La psicologia spicciola non va bene neanche per contentare i questuanti all’esterno dei supermercati, perciò tengo in considerazione conio d’altra fattura e non lo uso come valuta di scambio giacché il baratto solipsistico ha il retrogusto dell’ossimoro.
V’era un tempo in cui altri tempi furono possibili e di sicuro anche l’attuale, questo cosiddetto presente, ha in sé prodromi del genere di cui non mi avvedo. In meno d’un quarto d’ora ho preparato l’impasto per una pizza veloce, l’ho stesa con il mattarello e poi l’ho cotta in padella: alla fine vi ho aggiunto un tomino e non un tomo; l’odore è buono, il sapore è per me accettabile e soprattutto si lascia mangiare, come in una rara comunanza d’intenti.
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Parole chiave: buon appetito, cibo, impasto, mangiare, pizza in casa
Pubblicato lunedì 19 Agosto 2024 alle 20:19 da Francesco
La fenomenologia dello spirito è un’avventura gnoseologica e un allenamento per la capacità d’astrazione, ma per me è anche uno dei pochi scritti verso cui ho un timore reverenziale e una ciclica necessità di tornarci sopra. Hegel meno d’altri si presta ad amputazioni aforistiche, il suo è un impianto troppo complesso per le esternazioni mestruate, perciò mi ci misuro sempre senza la pretesa di conservarne una comprensione integrale: è lo stesso approccio che riservo a Kant e ad Heidegger, altre frequentazioni abituali su cui faccio prevalere il principio di realtà.
La filosofia ha un’applicazione pratica che sfugge a quanti la ritengano fine a stessa e la riprova è anche nelle vite irrisolte dei suoi detrattori: è stato il mio spirito d’osservazione che mi ha condotto verso lo spirito assoluto, una sorta di “ragion pratica” e non un nozionismo bulimico. Per me meglio guadagnare tempo perdendolo con morti illustri che perderlo e basta giustapponendo monologhi nell’illusione di un dialogo. Cosa avranno mai da dirsi i vivi, boh!
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Parole chiave: filosofia, Hegel, idealismo, spirito assoluto
Pubblicato mercoledì 14 Agosto 2024 alle 20:04 da Francesco
Non riesco a detestare il caldo perché lo associo al deserto di cui mi sento interprete e quindi lo vivo come un alleato dal cattivo temperamento. Forse io dimoro in un’oasi solipsistica, però tutt’attorno vi sono dune sterminate e il vento non porta più l’eco di un nome che fu. Non so dove si trovi la civiltà e mi chiedo se quest’ultima davvero sappia rispecchiarsi in se stessa o se invece produca frutti acerbi che le vengono sottratti con destrezza. La sabbia è anche quella della clessidra che scandisce il tempo della mia mortalità, di granello in granello sebbene una simile quantizzazione sfugga a occhio nudo. Dispongo di molte cose tranne che d’uno scopo, ma riesco a farne a meno e non lo reputo neanche una comodità.
Qualcosa mi manca senza ombra dubbio, ma forma un paradosso giacché anche quell’assenza concorre alla mia attuale composizione. Talora avverto pure una nostalgia che non riesco ad attribuire a questo mondo, come se costituisce l’ultimo strascico di un’altra vita, o una cartolina spedita da me a me, però ad anni luce di distanza e con una lunga giacenza presso l’eternità.
Non so definirmi in maniera compiuta giacché compiuto non posso considerarmi, ma la più recente delle mie parentesi racchiude ancora buone abitudini, momenti piacevoli, finanche gioie e slanci d’entusiasmo. Prima o poi dovrò districarmi in situazioni poco edificanti, d’altro canto è inevitabile, quindi mi chiedo se sia il caso di frequentare un corso per modellare la creta o se almeno debba impormi di guardare qualche tutorial sull’alchimia, ma ho ragione di credere che la scelta più indicata sia quella della praemediatio malorum di stoica memoria. Nei pressi di queste parole ci sono io, nei loro orizzonti ultimi la mia lontana foggia, quasi indistinguibile: oltre, non so cosa, non so chi.
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Pubblicato giovedì 1 Agosto 2024 alle 15:24 da Francesco
Trovo che quest’estate sia un po’ sottotono, tuttavia non riesco a capire i motivi di questa mia impressione e dubito che m’interessi farne emergerne alcuno. Piccoli disastri e polemiche sempreverdi sbocciano attorno a me, nell’aridità del giochino sociale in cui le regole cambiano a seconda di chi le detti, ma per fortuna io non ho parte in causa e veleggio a debita distanza dalle sponde di chi è sempre intento a cambiarle. La volubilità non è per forza una colpa e soltanto i cretini non cambiano mai idea, ma allora mi viene da pensare che talvolta gli opportunisti sfruttino certe occasioni per non sembrare tali né cretini. “L’uomo non è pietra di tungsteno e cambia spesso proprietà“, cantava qualcuno: aveva ragione.
Non cerco fortuna e forse è proprio questa la mia fortuna più grande, ma se anche provassi a trovarla dubito che vi riuscirei. Per anni ho provato a capire se in me vi fosse un grande talento da coltivare, ma non ho scoperto nulla d’eccelso, tutt’al più qualche buona predisposizione e nient’altro. Se avessi avuto una grande qualità mi piace pensare che ne avrei avuto cura anche se non ne fossi stato entusiasta. In parte sono contento della mia mediocrità perché è molto comoda e non inficia l’autostima di cui sono munito. Il meglio di me riesco a darlo per i fatti miei e il mio excursus vitae ne è testimone. A quarant’anni non ho ancora nomi propri che mi rimbombino in testa, bensì pensieri leggeri che non hanno volto né identità e ai quali non devo rimediare appigli esogeni. Non ho alcuna idea di dove io stia andando, tuttavia mi lascio trasportare dalle correnti perché non sono quelle agitate della tempesta.
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Pubblicato mercoledì 24 Luglio 2024 alle 12:34 da Francesco
Ho una predilezione per i temporali estivi e preferisco l’ira dei nembi all’indolenza dell’afa o di quanto le rassomigli. Maestose, tragiche e devastanti nelle loro espressioni più intense, subisco dalle forze della natura una fascinazione archetipica, ma se mi trovassi in loro balìa la mia attenzione sarebbe rivolta ad altre e più dirette conseguenze. Alla spontanea lingua della distruzione risponde quella indecifrabile dei silenzi, anch’essi passeggeri come la prima, ma per me è difficile stabilire quale delle due sia causa dell’altro.
Non mi spingo a definirmi meteoropatico, però certe situazioni atmosferiche le preferisco ad altre e mi piacerebbe poterle scegliere a piacimento. Per decidere le condizioni del tempo dovrei prima fare un apprendistato da megalomane e poi un concorso da demiurgo, ma non è una carriera nelle mie corde, a riprova di come non tutto sia possibile. Pioverà quando io lascerò il mio attuale corpo? O forse spirerò in pieno giorno, con il cielo terso e l’ingombrante presenza del Sole per interposti raggi?
Adoro la brevità e l’intensità delle piogge tropicali, mi piacciono anche certi pomeriggi d’autunno che vengono guastati da piccole burrasche, come se queste fossero dei barbari all’assalto di una civiltà già in declino: i turbamenti non mi turbano. Non c’è esposizione universale che possa tenere il passo di quella agli eventi atmosferici. In più occasioni mi sono ritrovato con la testa fra le nuvole, ma ricordo con piacere quelle in cui v’ero di fatto, ossia a bordo di qualche aereo.
Quando mi trovo ad alta quota non penso mai a quanto vi sia oltre quel livello, come se altro zenit non esistesse. Forse accade un’omissione analoga nei più fausti moti dell’animo perché sembra che nulla d’altro possa arricchire la già lieta novella. Può darsi che al peggio non vi sia mai fine e immagino che lo stesso valga per il suo esatto opposto, ma soprattutto mi chiedo se la fine stessa s’incontri mai dinanzi a sé.
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Pubblicato sabato 13 Luglio 2024 alle 09:48 da Francesco
Mi vedo costretto a eludere varie forme di contegno per scongiurare che queste degenerino nella tanto temuta seriosità. Non riesco a intavolare conversazioni che superino la prova delle mie insulse facezie, ma in realtà non sono mai io il primo ad apparecchiare simili conviti. Cerco di tenermi stretta la leggerezza come fanno le soubrette e le modelle. Non demonizzo la chirurgia estetica, ma non ambisco a farmi due palle a guisa di mongolfiere. Nel caldo di questi giorni i gatti mi sembrano più pigri del solito mentre io cerco di esserlo un po’ meno. Ognuno hai suoi tempi e i propri ritmi, ma vorrei che i miei seguissero sempre l’incedere del cosmo e della realtà in suo subordine. Mi rimane da scrivere tutto quello che non ho mai scritto e forse qualcosa in più. Non voglio lasciare un’impronta nella storia né sulla scena di un crimine, perciò non mi adopero in questo senso e può darsi che non lo faccia nemmeno in un senso apparente.
Da piccolo collezionavo schede telefoniche e non ho mai pensato di fare altrettanto con i problemi, bensì a questi cerco sovente di dare una soluzione celere e indolore: tutto ciò sembra assai banale, eppure non lo è affatto e me ne rendo conto grazie allo spirito d’osservazione. Non è questa la sede per disquisire di quei soggetti che amano complicarsi la vita per il gusto di farlo, ma anche se lo fosse io la convertirei in un chiosco di piadine vegetariane. Non so se la carne sia debole: forse lo è chi la consuma facendosene consumare.
Più che vacanze estive io vorrei farne di metafisiche o di intergalattiche. Il mare è parte del mio habitat e degli scogli isolati sono un aficionado, però se dovessi cercarne un altro mi piacerebbe incontrare quello di un pianeta lontano e inesplorato. È la prospettiva della distanza che mi avvicina a qualcosa.
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