Sono passati quarantuno anni da quando sono venuto al mondo e negli ultimi dodici ho corso quarantamila chilometri, ma non sono arrivato da nessuna parte e non so neanche se vi sia una destinazione: v’è davvero una fermata escatologica presso cui scendere? Non ho meta e vagabondo nel ristretto tempo dell’attuale incarnazione. Cerco di fare in modo che il mio organismo secerna poco cortisolo e tutto sommato sono contento. Non ho radici né punti fermi, però ho un preciso senso estetico e mi pervade una certa sicurezza interiore full optional: sono proprio in una botte di ferro che spero non arrugginisca.
Con il proverbiale senno di poi si può fare qualunque cosa nel regno della fantasia, ma a discapito di quanto accade e viene interiorizzato nel dominio della realtà. Io sono tra le cose del mondo, cosa del mondo io stesso.
Per il mio genetliaco non ho regali da farmi né da ricevere, non v’è quest’oggi nulla che mi cagioni un picco glicemico, non ho nostalgie da riverire con incensi e ricordi né effusioni da scambiare. Non ho fiori del male da innaffiare, non isso la bandiera del pessimismo e, nella misura del possibile ma soprattutto della mia pigrizia, provo a levigare il tempo corrente. Non so cosa accadrà in futuro, ma se millantassi doti di chiaroveggenza di sicuro aprirei una trasmissione televisiva su qualche rete locale, con un modus operandi un po’ anacronistico, di fatto vintage, ma comunque valido per imbonire gli spettatori più âgé.
Quarantuno giri intorno al Sole e quarantamila chilometri
Pubblicato venerdì 6 Giugno 2025 alle 18:37 da FrancescoNon mi piacciono i genetliaci, anche perché non mi hanno mai fatto ottenere dei regali di mio gradimento quando ancora ne ricevevo, ma alla fine è il pensiero che conta, o almeno così sosteneva Cartesio. Insomma, sto per compiere il mio trentasettesimo giro intorno alla nana gialla del sistema planetario nel quale risedo: minchia.
È forse giunto il momento di tirare le somme? E se a giugno nevicasse sarebbe il caso di tirare palle di neve o di erigere un pupazzo da decorare con una carota a mo’ di naso? Dopo averci trascorso già tre decadi abbondanti, non consiglio questo mondo agli aspiranti umani: anche se io ormai mi ci trovo bene non mi sento proprio di raccomandarlo, specialmente in bassa stagione. Non ho bisogno di qualcosa in particolare, forse un po’ d’acqua con limone; sto acquisendo un distacco sempre maggiore da me. Sarò pronto e puntuale nell’ora della mia morte, ma nel frattempo armeggio con lo scroto in maniera apotropaica per non anticiparne l’incontro e resto comunque nel dubbio che ciò valga davvero come diffida.
Voglio bene a mia madre, ai gatti con cui divido gli spazi e soprattutto a me stesso. Non ho desideri vivi né morti, la mia ambizione è scarsa, quasi nulla, però mi riconosco una grande riserva di volontà che mi fa risparmiare sul pieno di buone intenzioni. Io non ho nemici e non so se loro cerchino me, ma essi per trovarmi devono andare sempre dritti, a fare in culo con le rispettive genìe, grazie mille.
Amici non ne voglio nel significato stretto del termine, però interloquisco con qualche passante del tempo e talora provo un’autentica simpatia per certe menti. Le infatuazioni non ci sono, è finita la bombola ed è sempre domenica, tuttavia ricordo una signorina che ebbi a vedere sei anni fa sul Ponte Regina Margherita nella città eterna: che Krishna l’abbia in gloria.
Oggi concludo il mio trentaseiesimo giro intorno al Sole. Ne sono passati di sversamenti petroliferi negli oceani. Cosa è cambiato in questi anni? Forse tutto, forse niente. Cosa mi aspetto dall’avvenire? Nulla. Nel mio mondo è vietato l’ingresso alle speranze minori di quattro miliardi d’anni. Sono un po’ più vicino alla morte fisica, ma non ho fretta di lasciare il corpo. Guardo ai rimasugli di vita come se costituissero i tempi supplementari di una partita dall’esito trascurabile. Mi trovo in villeggiatura sulla Terra: ho un contratto a tempo determinato come cavia del ciclo di Krebs.
Non ho mai festeggiato il mio genetliaco, ma spesso in simili occasioni mi sono fatto dei regali tardivi e anche questa volta devo ancora scegliere cosa donarmi: forse il cadeau principale risiede proprio in tale indecisione, secondo una meccanica che ben inquadrò Sigmund Freud nelle paginette di “Al di là del principio di piacere”.
Non mi creo aspettative poiché di Godot non ho mai visto neanche l’ombra, ma posso farmi precedere da qualche proposito che mi auguro di raggiungere a tempo debito. Vorrei ispessire il mio centro di gravità permanente per renderlo davvero tale. Mi piacerebbe acquisire una maggiore padronanza delle tecniche di respirazione. Mi sentirei oltremodo realizzato se riuscissi guidare i pensieri più di quanto essi guidino me. Cose del genere.