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Mag

Archivio onirico: sogno n° 36

Pubblicato giovedì 29 Maggio 2025 alle 01:58 da Francesco

Quello della scorsa notte è stato un sogno molto coinvolgente e anche piacevole per certi versi, infatti ho finito per considerarlo una sorta di premio e difficilmente lo dimenticherò, ma per me è stato più significativo per la sua intensità che per il suo contenuto.
Mi trovo in una stanza della mia casa e con me c’è una ragazza dall’aspetto piacente che tuttavia non rispecchia le mie predilezioni estetiche: è bella eppure la sua beltade non è canonica perché porta un’acconciatura insolita e non riesco a identificarla con nessuna persona di mia conoscenza nella vita vigile. Provo un grande affetto verso costei e ne sono pienamente consapevole, le voglio davvero bene e percepisco come il sentimento sia ricambiato benché da parte sua lo sia in misura minore. Lei è arrabbiata e triste al contempo, ce l’ha persino con me e il sogno cadenza la nostra conversazione da diverse angolature, ma ogni volta qualcosa cambia sul volto della ragazza: il colore dei capelli, il loro taglio, la forma degli occhi, eppure è sempre lei e il nostro discorso procede con questa surreale alternanza somatica. È una situazione tanto strana e straniante per quanto meravigliosa.
A un certo punto avverto una forte sensazione d’impotenza perché mi rendo conto che non posso aiutarla e così mi limito a guadarla: mentre la osservo provo quello che immagino si chiami amore, un trasporto sincero, qualcosa che di sicuro non ho mai provato nella realtà e di cui, fino a quel momento, non avevo mai fatto esperienza neanche nel mondo onirico. Una nuova inquadratura mostra me che scuoto la ragazza per le spalle, come per farla tornare in sé: a ciò segue un abbraccio lunghissimo di cui percepisco il contatto fisico, come se mi trovassi davvero lì in quel momento e non stessi sognando.

Credo che questa sia stata l’espressione inconscia più potente della mia sfera affettiva, come se avesse espulso una tempesta elettromagnetica dalla sua corona solare. Chi ho abbracciato non era una ragazza vera e propria, un nome all’anagrafe e un volto nei ricordi, bensì l’affettività in quanto tale come aspetto della mia persona, apparentemente trascurata perché in me non ha mai avuto inizio: ecco il conflitto, qualcosa di “trascurato” sebbene io non lo reprima e mi limiti a constatarne l’assenza per le ragioni più disparate. Questi sono moti interiori, simili a onde attraverso le quali riesco a navigare con sicurezza.
Al risveglio mi sono interrogato sulla portata del sogno e ne ho colto, una volta ancora, un’urgenza a cui non posso dare seguito perché certe cose assumono un senso ed eludono il proprio sabotaggio solo quando siano spontanee. L’inconscio parla di me e io ne traduco in termini razionali quanto già è stato tradotto in immagini oniriche, ma posso solo contemplare gli effetti e non ho modo di agire direttamente sulle cause. Alla fine è stata un’esperienza stupenda, o almeno io l’ho vissuta in questo modo grazie al mio assetto interiore, perciò mi piacerebbe che i miei recessi si rivolgessero di nuovo a me con un simile impeto.

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12
Mag

Le cose di sempre

Pubblicato lunedì 12 Maggio 2025 alle 00:26 da Francesco

Non v’è nulla che mi sfiori nel tempo a cui appartengo e non ho parole in sospeso con nessuno. Resto negli ampi margini della vita che scorre, dove sono estraneo persino al senso di estraneità e quindi non ne subisco le implicazioni negative. Ho un vantaggio tattico su ogni forma di noia e mi considero fortunato, ma non so in quale regione della volta celeste splenda la mia buona stella e così non mi resta che ringraziare il cielo tutto. Non v’è specificità di sorta nei miei orizzonti immediati, come se fossero coperti dalla bruma del più pigro tra i mattini. Non sono un geometra e non ho progetti a lungo termine.
Da qualche giorno a questa parte non faccio altro che mangiare riso bianco e fagioli, un connubio che incontra il mio gusto corrente, tuttavia io di corrente dal culo non ne faccio poi molta e quindi l’attesa d’imponenti flatulenze è vanificata da pavide scoregge d’ordinanza: forse riuscirò a fare di meglio, forse. Ho una buona digestione, ma dubito che da fuori si noti e non so se abbia un peso sul curriculum vitae, ma di sicuro modifica quello sulla bilancia a mio beneficio.
Provo a immaginare quali inenarrabili casini accadrebbero se qualcuno potesse modificare a penna la costante della forza di gravità sulla Terra. Ogni mondo ha le sue leggi e così ogni microcosmo, ogni interiorità: io provo a osservare le mie e qualche volta cerco di riformarle. Mi chiedo dove sia finito tutto il tempo pregresso, in quale scarico fognario con allaccio diretto nel passato. Adesso sono qui, sto scrivendo, la mia coscienza me lo conferma e io non ho nulla da eccepire, tuttavia il presente a tratti mi risulta elusivo e non riesco sempre a sovrappormici: quest’ultimo suppongo che sia un problemino comune, simile ai disturbi di stomaco dei quali, come testé scritto, io non soffro. Posso vedere il bicchiere mezzo pieno e dissetarmici senza che abbia da temere un reflusso.

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1
Mag

È andata via la luce

Pubblicato giovedì 1 Maggio 2025 alle 17:12 da Francesco

Chissà come fu il buio a cui si opposero i primi fuochi, quando i giovani occhi della specie ne circondavano le fiamme e domandavano di sé stessi a sé stessi. Tutte le notti in cui nulla mai si rivelò. I diluvi a cui seguirono i silenzi, le rinascite che non ebbero testimoni, clandestini dallo spazio profondo che sconfinarono nell’atmosfera terrestre e là bruciarono, contromano rispetto a Icaro. Vennero gli dèi a tempo determinato ed ebbero un appalto metafisico che durò finché pure loro non caddero sotto il proprio peso. Prima un’estinzione e poi un’altra ad annunciare la successiva, in un continuo e ciclico scompenso, intrinseco all’ordine delle cose.
Non riavvolgo il nastro, ma lo butto perché oggi la tecnologia è un’altra, eppure basta una fatalità, un cortocircuito, un calo di tensione, per riportare i presenti a tempi che mai vissero, se non per interposti decessi. Un guasto produce un errore e l’errore emana la più crudele delle risposte, quella che non ne ammette altre. Calano le tenebre quando non v’è elettricità che possa fare le veci del Sole. Le candele ormai servono solo per ordinare miracoli che non vengono più prodotti in serie. Spente le centrali e calati i sipari, s’interrompe l’ipnosi a corrente continua. Chi può riluce dentro di sé, senza allacci alla rete né attaccamenti d’altro tipo, convertendo le proprie energie interiori in lampi di sussistenza: in questo caso è tutto a costo zero, senza tariffe monorarie né biorarie, senza monoteismi né politeismi, senza oppiacei né loro succedanei. Nella notte così ristabilitasi, sopite le rivoluzioni industriali ed ella di nuovo vestita con l’oscurità che dall’oscurità venne, v’è chi vede tutto e v’è chi non vede nulla: le mezze misure spariscono sotto il dominio di un’interezza o di un’altra. Il pensiero finisce per addensarsi nell’unico rendez-vous rimasto ai sensi e là, in quell’assiepamento, i sismografi disegnano verità a misura d’uomo o di cosmo. Un corso accelerato di oblio, una sua parziale anticipazione, una prova gratuita laddove il tempo si arresta senza che nessuno possa o sappia identificarlo.
Come mi pongo al cospetto di tutto questo che di sé fa negazione?  Potrei appollaiarmi sul tempo che rimane, ammesso poi che esso esista davvero. Potrei chiedere la chiusura anticipata di ogni ciclo di Krebs che mi riguardi o potrei questuarne di ulteriori. Potrei mettere una taglia od ogni mio atomo sull’istante corrente, ma se ne facessi partire la caccia poi dovrei guidarla davvero. Potrei annullare ogni condizionale obbligatorio, potrei, così se non volessi farlo rimarrebbe in vigore ma senza sanzioni: una misura proforma, come talora sembra ogni manifestazione creazionista o evoluzionista che sia.

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