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Archivio onirico: sogno n. 21

Pubblicato mercoledì 13 Maggio 2015 alle 17:12 da Francesco

Forse negli ultimi giorni non mi sono esposto alle influenze giuste o forse certe volte, malgrado tutti gli sforzi per condizionarlo, l'inconscio non trova altre maniere che le cattive per veicolare i suoi contenuti. Il sogno di questa notte è stato inquietante nella forma e triste nella sostanza, ma l'oracolo si è espresso e a me non resta che prendere atto dei suoi annunci.

Mi ritrovo in una classe universitaria che siede all'aperto: i banchi e la cattedra sono sistemati vicino alla curva di una strada dove in quest'ultimo periodo passeggio spesso. Provo un po' di angoscia perché non sono uno studente e temo che la professoressa possa scoprirmi. Accanto a me siede un mio stretto conoscente, noto casinista: d'un tratto egli si alza e va a disegnare un volto su una parete rocciosa che funge da lavagna. La docente rimprovera il suo allievo indisciplinato ed entrambi iniziano a discutere con veemenza, però non capisco cosa si dicano.
I due sono ancora intenti a parlare quando io mi vedo dentro il prototipo di un nuovo treno che è diretto a Madrid: accanto a me siede una ragazza che non conosco e il cui fascino tuttavia mi pare familiare da tempo immemore. Il desiderio divampa.
Inizio a parlare con la mia vicina e dopo una lunga chiacchierata lei mi dice: "Il mio posto è qua". All'improvviso un responsabile del mezzo inizia a inveire contro un suo collega e a bordo scatta il panico perché un dispositivo del locomotore è fuori controllo: il viaggio di collaudo si appresta al disastro. Dopo poco il treno deraglia e si capovolge più volte. Vedo qualcuno che esce illeso dall'incidente e corre lungo una banchina (evidentemente tutto è avvenuto a… destinazione), perciò immagino che mi sia messo in salvo, ma quando guardo in faccia chi fugge mi accorgo che non sono io quello che l'ha scampata e allora capisco di essere morto. Mi risveglio di colpo.

Il contenuto di questo sogno funesto attiene non già all'amore, bensì a quanto può precederlo, ovvero quell'intima conoscenza tra individui che nelle sue massime espressioni sa scavalcare muri invalicabili e persino coloro che con pazienza certosina ne sistemano ogni mattone.
L'ambiente universitario chiama in causa una persona precisa che intuizioni tanto intraducibili quanto attendibili mi fanno ritenere molto affine a me, quasi che in una vita passata ci fossimo dati appuntamento in questa.
La mia paura di essere scoperto dalla professoressa come infiltrato simboleggia il contrasto che v'è sempre stato tra me e gli ambienti preposti all'insegnamento: è la mia totale repulsione per simili contesti. Il completo disinteresse per le dispute di quei mondi è rappresentato dalla piena noncuranza con cui sfuma la scena dell'alterco tra il mio conoscente e l'insegnante.
La ragazza che trovo in viaggio è come se fosse una vecchia conoscenza benché di fatto ne sappia poco. Il nuovo prototipo del treno indica modi inediti di rapportarmi alla mia vicina, figli di una evoluzione personale e dell'assestamento di alcune convinzioni che solo da poco hanno trovato in me la loro piena quadratura, tuttavia il disastro che ne segue conferma come ogni tentativo vecchio o nuovo sia destinato a fallire miseramente: o forse no.
"Il mio posto è qua", mi dice costei prima del disastro: ovvero ovunque meno che accanto a me perché io non resterò là. L'incidente avviene dentro la stazione in quanto ognuno volente o nolente raggiungerà la propria meta, cioè la morte, tuttavia è la maniera in cui ciascuno vi arriverà che farà la vera differenza. Quest'ultimo punto secondo me è anche un monito che l'inconscio mi volge affinché io continui a trovare ogni senso dentro di me, come se di fatto fossi già morto, ma per ragioni di sopravvivenza emotiva e non per partito preso: ciò si accorda con le immagini finali di questo episodio onirico.
Mi devo guardare da un possibile errore in d'interpretazione, difatti se mi piegassi alle lusinghe delle difese regressive finirei per credere che il mio compito sia quello di chiudermi in me stesso e userei tali spunti per avallare una condotta autodistruttiva, ma in realtà devo fare l'esatto opposto, in tempi e modi che siano in accordo con la parte più autentica di me e con il corso degli eventi. Il cuore deve restare aperto, spalancato, anche se alla fine, oltre la sua soglia, non restasse altro che una città fantasma, forse mai fondata.

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