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Adagio ma non troppo

Pubblicato lunedì 15 Dicembre 2008 alle 19:43 da Francesco

Ho notato che negli ultimi mesi il tono dei miei appunti è stato più frivolo del solito. Credo che il predominio della leggerezza nei miei scritti sia una prova ulteriore del mio distacco dalle problematiche comuni. Non sento più la necessità di affrontare alcuni argomenti, tuttavia l’assenza di questo bisogno non mi preclude la possibilità di trattare nuovamente quei temi che ho pacificato dentro di me attraverso l’introspezione. I miei giorni trascorrono senza intoppi e la loro vitalità è variabile, ma non scende mai sotto il livello di guardia. Non sono un derviscio e piuttosto che ruotare su me stesso preferisco lasciare ai miei coglioni il compito di girare, ma le polemiche puerili e qualche mia battuta infelice non compromettono la struttura portante della mia esistenza. In passato il mio tallone di Achille era costituito dalle mancanze affettive e in particolare dalla mia estraneità all’amore, ma ho superato questo scoglio anche se la mia vita privata non ha avuto ancora la sua genesi e difficilmente ne avrà una. Per me è stato piuttosto arduo riuscire a impedire che l’assenza di emozioni mutue desertificasse le mie capacità empatiche, tuttavia mi sono lasciato alle spalle anche questo ostacolo e il tempo ha giocato un ruolo fondamentale per l’ottenimento di un simile successo. Le difficoltà appaiono magnifiche quando perdono il loro aspetto spaventevole. La mia lotta interiore è iniziata alcuni anni fa sotto i migliori auspici e penso che ormai si sia conclusa con un vittoria ampiamente prevedibile, ma non ho alcuna intenzione di allontanarmi da tutto ciò che mi ha permesso di superare la selezione naturale dell’interiorità. Non ho bisogno di gustare qualche aspettativa per addolcire il presente, tuttavia il futuro è sempre il benvenuto nel mio microcosmo. Ci sono delle parole che sento profondamente e voglio riportarle per concludere questo appunto. La citazione che segue non proviene da un guru canuto con la barba incolta né da un bohémien, ma appartiene a Franklin Delano Roosvelt: “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”.

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