20
Ott

Ogni verità è ricurva

Pubblicato martedì 20 Ottobre 2015 alle 15:37 da Francesco

Nel terzo volume dei seminari di Jung su Così parlò Zarathustra di Nietzsche mi sono imbattuto in un’interessante digressione secondo cui uomo e donna non si possono incontrare direttamente senza che ne risultino dei problemi; alla luce di questo assunto Jung riconosce un certo ruolo a quei riti che dovrebbero fungere da strumenti apotropaici, come il matrimonio nel cristianesimo. Sono stato colpito da questa riflessione perché io non sono mai riuscito a stabilire un ponte con l’altro sesso, ovvero una comunicazione efficace tra esseri senzienti: ci sono sempre state delle forze contrarie che mi hanno impedito un saldo allaccio con l’altro capo dell’esistenza e quando ho letto il passaggio summenzionato mi sono reso conto che in realtà l’ostacolo è sempre stato generato dallo scontro degli opposti, dal versante maschile e da quello femminile, nella totale assenza di una mediazione capace d’attenuarne l’onda d’urto. Ovviamente in quest’epoca e per un ateo anticlericale come me non può avere alcuna utilità uno strumento come il matrimonio né qualsiasi altro trucco espediente dogmatico, ma deve comunque esserci qualcosa che mitighi le forze in gioco, come suggerisce Jung; per quanto mi riguarda questo qualcosa non può che essere la somma di reciproche introspezioni, o almeno il versamento di quote eguali del proprio Io in un fondo comune, come se, tramite un ardito ossimoro, occorresse un’introspezione a due. Immagino che non potrei trovare delle parole migliori per spaventare chi anche nutrisse un pur minimo interesse nei miei confronti, di fatto complico tutto più di quanto già non lo sia, ma sono lieto che io abbia abbastanza lucidità per sottolinearlo.
In queste righe non mi riferisco a quelle relazioni che si basano sulla meccanicità e di cui potrei fare incetta se solo lo volessi: di fatto ho un potere a cui non ricorro perché mi avvelenerebbe a causa della mia lucidità, quasi come in una reazione allergica, uno shock anafilattico invece che addizionale, di conseguenza per me le cose devono seguire un determinato corso affinché non siano venefiche o foriere di disastro.
La mia lunga avventura nell’analisi dello Zarathustra da parte di Jung sta per volgere al termine e dopo oltre mille pagine trovo che talora le deviazioni dal tema principale siano più illuminanti della strada maestra, ma d’altronde ogni verità è ricurva e tutte le vie dritte mentono.


Arch of Hysteria di Louise Bourgeois, 1993
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21
Ago

L’esaltazione dell’immanenza

Pubblicato venerdì 21 Agosto 2015 alle 09:50 da Francesco

Trovo interessante come dai primi seminari di Jung su Nietzsche emerga più volte l’importanza che quest’ultimo dà al corpo, in netto contrasto con il cristianesimo che invece ne promuove il disprezzo, proprio come altre religioni e filosofie propendono per una mortificazione della carne. Secondo Jung chiunque neghi una parte di sé prima o poi deve attendersi delle ricadute, una vendetta da quella parte negata e quindi delle conseguenze nefaste.
Il riconoscimento dell’aspetto carnale rimanda anche al riconoscimento dell’Ombra (nel senso junghiano del termine) e la sua importanza capitale mi fa venire in mente quanto già sosteneva Platone nel Fedone circa la conoscenza del peggio: “All’uomo non conviene considerare, riguardo a se stesso e riguardo alle altre cose, se non ciò che è l’ottimo e l’eccellente; e inevitabilmente dovrebbe conoscere anche il peggio, giacché la conoscenza del meglio e del peggio è la medesima”. 
Vedo nell’impronta dionisiaca da cui il pensiero di Nietzsche è caratterizzato ciò che più di tutto riconsegna alla carne il suo ruolo essenziale, tuttavia a riguardo di quest’ultima, e malgrado il mio ateismo, mi ritrovo in un passo del Vangelo di Giovanni nel quale Cristo parla del proprio corpo come se fosse un tempio: mi discosto dall’interpretazione tradizionale dell’episodio e ne dò una lettura personale che nulla ha a che fare con l’esegesi biblica.  
Alla luce di queste piccole annotazioni mi preme ricordare quale sia la vendetta del corpo che Jung ravvisa nello Zarathustra, ovvero la creazione di quelle figure metafisiche che proprio dal disprezzo del corpo traggono la loro origine e la conseguenziale illusione di un’altra realtà, con la svalutazione totale di quella propria dell’essere umano.

”Ciò che il senso sente e lo spirito conosce, non ha mai dentro di sé la propria fine, ma il senso e lo spirito vorrebbero convincerti che loro sono la fine di tutte le cose: talmente vanitosi sono essi”.

Per me questo passaggio dello Zarathustra è tanto esplicito quanto caustico, aggettivi che mi sento di spendere per molti altri punti dell’opera, ma tali parole in particolare trovo che siano quelle più adatte per fare una sintesi efficace di quanto ho accennato finora.
Talvolta è meno diretta l’importanza che Nietzsche riconosce al corpo per interposto profeta, ma altrettanto profonda e mi riferisco a quando Zarathustra scongiura quelli che chiama “fratelli” di restare fedeli alla terra, espressione quest’ultima che dev’essere tradotta come un invito a mantenere una relazione con il proprio corpo, a detrimento di tutte le speranze oltremondane.

Tutto questo come si traduce nella pratica della vita quotidiana? Non posso parlare per terzi e non mi occupo di trini, perciò mi riferisco solo a me stesso. La mia relazione con il corpo verte sul rispetto di quest’ultimo e dei suoi bisogni: va dall’autoerotismo all’allenamento fisico, dal riposo fino alle piccole rinunce che lo esaltano invece di mortificarlo e non avverto scissioni con quella parte di me che reputo al tempo stesso estranea e complementare (chissà poi se a torto o a ragione e in quale misura) alla corporeità; di norma vige in me un certo equilibrio tra quanto in altri ambiti ed esistenze è reso dicotomico da abitudini dogmatiche, talora inconsce.

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5
Giu

La legge di Lavoisier

Pubblicato mercoledì 5 Giugno 2013 alle 02:37 da Francesco

Domani compirò ventinove anni e potrei approfittarne per lanciarmi in un volo pindarico sulla mia vita, però qualcosa è cambiato in me. Si è verificata la catarsi che avevo previsto qualora fossi riuscito a correre per cento chilometri. Non mi rivedo più in alcune cose che ho scritto su queste pagine e ormai mi sento lontanissimo da tante altre che ho letto nel corso di questi ultimi anni. Ho perduto la vena esistenzialistica e anche il gusto per le provocazioni sagaci. È come se lungo la strada avessi sparpagliato migliaia di pagine, milioni di parole: una liberazione. Non so né se né quando ritroverò la necessità o il piacere di scrivere.
Devo ancora dare il primo bacio e la notte continuo ad addormentarmi da solo, però mi risveglio bene perché ho rispolverato degli ottimi motivi per farlo. Mi sono procurato quello che Gurdjieff forse definirebbe shock addizionale e trovo buffo che un individuo come me citi costui. Anche se in maniera figurata, non mi resta che imitare Emilio Salgari, benché io non ne abbia il talento né tanto meno voglia emularne la fine: spezzo la penna. Non è del verbo che ho bisogno, bensì è nell’azione e attraverso il linguaggio del corpo che io posso diventare ciò che sono: Nietzsche (o Zarathustra per lui) e Jung me lo hanno suggerito ben prima che potessi comprenderlo davvero.

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9
Set

Dagli anni settanta in poi

Pubblicato venerdì 9 Settembre 2011 alle 08:56 da Francesco

Sono abituato a guidare da solo lungo le strade di mezza Italia per assistere a grandi concerti. Mercoledì mi sono recato nella Città Eterna per un live straordinario al quale hanno partecipato Il Tempio delle Clessidre e Locanda delle Fate. Nei primi milita anche Stefano Galifi che nel 1973 cantò quel capolavoro del progressive rock italiano che s’intitola “Zarathustra” e il cui parto fu opera dei Museo Rosenbach: durante il live è stato suonato un pezzo di quel disco ed è inutile che adesso io cerchi di verbalizzarne i brividi. Invece la traccia che mi ha colpito di più tra quelle de Il Tempio delle Clessidre è stata La stanza nascosta: un duetto eccezionale tra la voce di Galifi e il tocco magistrale di Elisa Montaldo. Anche “Danza esoterica di datura” mi è piaciuto particolarmente come pezzo benché sia strumentale.
Non so come incensare in modo adeguato la Locanda delle Fate. Ho ascoltato svariate volte il loro gioiello, “Forse le lucciole non si amano più” e proprio la settima traccia di quest’album che è stata eseguita dal vivo mi ha traghettato in un’altra dimensione: Vendesi saggezza. La voce e il carisma di Leonardo Sasso mi hanno incantato quanto la classe di Max Brignolo alla chitarra.
Il tre settembre ho visto di nuovo Le Orme e conto di rivedere il gruppo veneziano per la quarta volta: La Via della Seta è un disco straordinario! Ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine mi sono reso conto che alla voce di Tagliapietra io preferisco quella che le è subentrata, difatti la versione di Sguardo verso il cielo cantata da Jimmy Spitaleri è un pezzo in cui finalmente riesco a rispecchiarmi in pieno grazie alla potenza vocale di quest’ultimo: cazzo, mi fa vibrare le vertebre, davvero sublime.

“La colpa d’esser vivo e non poter cambiare”

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