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Feb

Archivio onirico: sogno n. 1 e sogno n. 2

Pubblicato lunedì 14 Febbraio 2011 alle 19:19 da Francesco

D’ora in avanti cercherò di appuntare spesso i miei sogni per organizzare il mio materiale onirico ed eventualmente avvalermene per scopi introspettivi.

Sogno n. 1

Questo sogno cominciò con una panoramica sullo skyline di una metropoli. Presto mi ritrovai a guardare con i miei occhi una scena statica in bianco e nero. Ricordo che all’improvviso vidi tre funghi nucleari e provai una paura profondissima. Fui scosso dallo spavento, ma quest’ultimo fu interrotto da voci sconvolte che mi pregarono di seguirle per sfuggire alla minaccia. Seguii quei richiami e d’un tratto il sogno prese a svolgersi in un sotterraneo. Da questo momento in poi non riesco a rammentare granché. Comunque, ad un certo punto, mi ritrovai dinanzi a una donna imbolsita, dai capelli neri, d’età compresa tra i trenta e i quarant’anni: costei non mi disse nulla e si limitò a osservarmi con un’espressione in cui si fondevano la sorpresa e la diffidenza. Infine scappai dal luogo in cui ero capitato e durante la fuga mi resi conto che le voci iniziali avevano mentito. Devo annotare che tutto il sogno, o almeno la parte che d’esso m’è dato ricordare, m’è apparso in bianco e nero.

Sogno n. 2

Questo sogno fu molto breve e intenso. Mi ritrovai a camminare su un ponte autostradale sotto cui scorreva un fiume. Era giorno e il cielo era annuvolato. All’improvviso sopraggiunse un’auto e fece una manovra brusca per fermarsi davanti a me. Il guidatore mi osservò con severità, ma io guardai la donna spaventata che stava sul sedile del passeggero. L’auto fece marcia indietro e finì nel fiume come se non ci fosse stata alcuna barriera, ma prima della caduta la donna gridò forte: “No!”. Io corsi subito a vedere che fine avesse fatto la vettura e ricordo un lungo silenzio.

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28
Set

Wee wee hours

Pubblicato venerdì 28 Settembre 2007 alle 00:29 da Francesco

Due notti fa mi sono addormentato all’improvviso sopra le coperte del mio letto a causa della stanchezza che avevo accumulato con i miei esercizi fisici. Mi sono svegliato qualche ora dopo e la luce della stanza era ancora accesa, ma d’altronde solo un blackout avrebbe potuto spegnerla. In quel momento mi è sembrato di essere nuovamente un bambino e ho provato un moto di dolcezza. La scorsa notte mi sono aggirato a lungo per le vie desolate della mia cittadina e verso le cinque del mattino mi sono recato in un panificio per comprare qualcosa da mangiare. Ho acquistato un po’ di pizza e qualche dolce che ho addentato nei pressi di un giardino pubblico. Durante il mio pasto eremitico ho immaginato di essere un animale in cattività che divora la sua preda, ma forse mi sarei avvicinato di più alla realtà se avessi raffigurato me stesso come un uomo che riesce solo ad approvvigionare il suo riflesso. Farcisco le ore piccole con eventi di poco conto perché non ho di meglio a mia disposizione e cerco di farmi bastare ciò che riesco a raccogliere dalla mia capacità di provare emozioni. La mia veglia notturna non ha i colori né i rumori de “La Dolce Vita”, ma assomiglia a una lunga marcia introspettiva. Quando cammino da solo i miei pensieri si accavallano e talvolta il loro peso rallenta il mio incedere, ma non accetto che qualcosa di intangibile mi schiacci e mi oppongo fermamente a quella di parte di me che cerca una forma abietta di conforto nella contemplazione della tristezza. La mia polarità è positiva.

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26
Set

La calma del vuoto amorale

Pubblicato mercoledì 26 Settembre 2007 alle 05:08 da Francesco

Il cuore della notte smette di battere e la coscienza si spoglia di ogni giustificazione. La propria identità si rivela chiaramente accanto a una luce fioca o nell’uniformità del buio. Qualsiasi stratagemma consolatorio cade e gli occhi sono costretti a vedere tutte le cose davanti alle quali si sono sottratti in un primo tempo. Il sapore delle proprie decisioni cambia radicalmente e ogni sofisma perde i suoi effetti ansiolitici. Il responsabile di se stesso nota su ogni atomo il riflesso delle motivazioni reali che lo hanno portato a compiere determinate scelte. Ogni scusa artificiosa volge le spalle al suo creatore e non proferisce parola. Bastano otto ore di sonno per tornare a credere fermamente nelle proprie menzogne, ma nulla può cancellare le confessioni silenziose della personalità. La realtà individuale viene alterata al di sopra del bene o al di sotto del male in modo che diventi sopportabile per il suo proprietario, ma questa contraffazione morale può essere evitata e qualora il coraggio abbondi lo si può usare come propellente per spingersi nella ricerca spasmodica di un brandello di oggettività. Non è semplice proiettarsi verso qualcosa che non offre una ricompensa e la sofferenza di questo processo sembra tanto insensata quanto intollerabile, ma credo che la possibilità di addolorarsi o di adorare autenticamente sia una delle più grandi conquiste interiori a cui l’essere umano possa ambire. Le religioni e le ideologie sono le caricature delle loro promesse, ma non bado a chi mette le carote davanti agli asini e procedo sulla linea del tempo senza frapporre tra me e la mia fine delle utopie antropomorfiche.

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