13
Nov

Qualche piaga d’Egitto

Pubblicato martedì 13 Novembre 2012 alle 15:27 da Francesco

La mia zona è assurta di nuovo alle cronache a causa della forte alluvione che l’ha investita, ma io non ho subito né danni né disagi. Ieri mattina ero sull’Aurelia perché mi stavo recando in quel di Grosseto e all’altezza di Fonteblanda mi sono incolonnato nel traffico. Quando mi sono reso conto che la situazione non si sarebbe risolta presto ho fatto l’unica cosa possibile: ho spento il motore, ho acceso l’autoradio e tramite il cellulare ho messo in sottofondo Keith Jarrett, infine ho preso il mio caro Kindle e mi sono messo a leggere Nietzsche: se avessi avuto anche una tisana al finocchio avrei potuto riprodurre fedelmente qualcuno dei miei tardi pomeriggi. Dopo circa un’ora una poliziotta ha fatto procedere le auto, perciò invece di continuare verso la mia meta ho fatto inversione e sono rincasato prima che l’Albegna esondasse: saggia decisione.
Ho letto e udito commenti prevedibili, impregnati di una stucchevole antropomorfizzazione della natura, come se quest’ultima agisse per ripicca e non vi fosse alcun modo di contenerne i danni. Ci sono persone che hanno subito perdite ingenti, le quali oltre a fare i conti con le tasse, con la crisi economica e la prospettiva di un’autostrada (che infliggerebbe ad alcune di loro il colpo di grazia) probabilmente si ritroveranno in un altro pantano, quello della burocrazia, per mezzo di cui si faranno sentire le sicure assenze dello Stato: vicende analoghe consentono la previsione.

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17
Ott

Bagliori evocativi

Pubblicato mercoledì 17 Ottobre 2007 alle 01:29 da Francesco

Anche oggi mi sono immerso nella campagna che avviluppa il mio comune. Dopo ventitré anni i colori della Maremma mi appaiono ancora vividi e probabilmente rimarranno tali anche quando la cataratta mi impedirà di accorgermi del loro splendore. I riflessi solari che galleggiano sulla laguna e gli spazi indorati che le si sovrappongono tutt’intorno conferiscono un tenore pacifico ai miei pensieri. Di tanto in tanto percorro una strada che fiancheggia la linea ferroviaria e quando un treno sopraggiunge io cerco di salutare il macchinista, ma non riesco mai a capire se il mio cenno giunga a destinazione o se si perda nel frastuono prima di cadere sui binari. Le radure che frequento irregolarmente mi suggeriscono immagini e fantasticherie con cui cerco di pennellare poeticamente le mie pedalate. I suoni lontani dell’autostrada e la quiete arancione del tardo pomeriggio mi inducono spesso a ricordare che non mi sono mai allontanato da qualcuno poiché non mi sono mai avvicinato a nessuno. Gli scenari incantevoli che squadro ogni dì, adatti a posare per i paesaggisti pedissequi o per l’ultimo giorno della vita di un uomo malato, rafforzano il sodalizio tra me e la somma dei miei isolamenti, ma in cotanta adulazione assiomatica per la vita non scordo mai l’esistenza di un quid infinitamente superiore a tutte le gioie a me note. Le mie ultime parole non si riferiscono alle sciocchezze della spiritualità né a quelle dell’esoterismo, ma cercano vanamente di rappresentare in modo sommario una forza empirica che talvolta lambisce la mia esistenza.

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