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Mag

Dischi che vanno, dischi che vengono

Pubblicato venerdì 26 Maggio 2017 alle 20:48 da Francesco

Tra il furore della guerra asimmetrica, le prospettive di una tassazione sempre più vessatoria e qualche altra spada di Damocle, a me non resta che aggiungere ulteriori piani alla mia torre d’avorio: gradirei oltremodo anche una campana di vetro (antiproiettile), fossati, muri con il filo spinato, cecchini, cani molecolari, uno scudo antimissile e un satellite spia.
Domenica sono andato a Roma per la fiera del disco e ho passato mezza giornata a cercare dei capolavori (o quasi) da portarmi a casa per un prezzo equo: insomma, il cosiddetto diggin’.
Per me il vinile non è un capriccio vintage né un semplice feticcio, bensì fa parte di un preciso rito di ascolto che ripeto quasi quotidianamente. Non sono un purista. Fruisco di musica liquida dalla fine dello scorso millennio, infatti ho vissuto tutti i due anni di Napster e il resto del peer-to-peer.
Ho avuto il mio primo lettore mp3 nel 2004, tredici anni fa, e per riempirlo mi sembrava che ogni volta dovessi dichiarare quali dischi mi sarei portato su un’isola deserta, infatti aveva 256 Megabyte di memoria (invero un po’ meno perché una parte era appannaggio del filesystem).
Ho imparato parecchio da certi personaggi delle fiere e alcune cose sono felice di averle apprese da loro invece che dalle mie pur numerose quanto asettiche ricerche su Internet.
Non di rado per trovare dei dischi di mio gradimento me ne devo sorbire parecchi che mi fanno cagare a spruzzo, però ogni volta che ne scopro uno buono il mio investimento di tempo è ampiamente ripagato. Queste le fonti a cui mi abbevero: le web radio, i continui salti di video in video con l’algoritmo dei suggerimenti di YouTube, il lurking di certi forum, qualche rivista e i consigli dei decani di cui sopra. Nei mercatini e alle fiere non cerco per forza tesori nascosti, ma talora mi piace prendere qualche classico che mi manca in trentatré giri.
In questa tornata sono incorso in una sorta di svendita, quindi ho avuto modo di rimediare ben sette vinili a poco più di sette euro l’uno.
L’occhio cade dove Miroslav Vitous non duole. Ho vari CD dei Weather Report e il mio preferito è “Black Market”, però di loro bramavo almeno un vinile e ho scelto “I Sing The Body Electric” poiché lo avevo soltanto in mp3.
Il primo degli It’s A Beautiful Day contiene “Bombay Calling”, un pezzo che sentii per la prima volta alle Hawaii mentre guidavo alle pendici del Mauna Kea: all’inizio pensai che fosse “Child In Time”, poi scoprii che i Deep Purple si erano “ispirati” a quella traccia per la loro hit.
Adorando i Renaissance e possedendo già l’unico album dei Sandrose, lamentavo la mancanza di un’altra band prog con una voce femminile, perciò era una questione di tempo prima che rimediassi il debutto omonimo dei Goliath.
Rory Gallagher mi piace più da solo che con i Taste, ma riesco ad apprezzarlo solo fruendone cum grano salis: “Blueprint” è un album che costituisce un’eccezione a questa posologia.
”John Barleycorn Must Die” è il mio album preferito dei Traffic e quindi non c’è da aggiungere molto: se avessi trovato anche una stampa economica di “Mr. Fantasy” l’avrei presa di sicuro.
”Cultösaurus Erectus” è un classico album alla Blue Öyster Cult, forse un po’ sottovalutato, ma per me godibilissimo dall’inizio alla fine.
Mi si sono illuminati gli occhi d’immenso quando tra i dischi a sette euro ne ho visti due di Kitaro e in particolare “From The Fullmoon Story”: in equilibrio tra ambient e new age è un album di una delicatezza straordinaria;  “The Light Of The Spirit” si mantiene sulle stesse sonorità, ma è più solenne, più epico, meno intimista e per me si completa a vicenda con l’altro.
”Lady Lake” degli Gnidrolog, è un album prog del 1972 e mi è stato consigliato da un tizio che con me non ha mai sbagliato un suggerimento, infatti gli sarò eternamente grato: ho per costui il rispetto che Carlos Castaneda aveva per gli sciamani. Il disco è un viaggio assurdo!
Lo stesso vale per “Mountains” degli Steamhammer, pubblicato nel 1971: prog dalle forti tinte blues e con diversi ricami psichedelici.
”Every Inch A Man” degli Zior è un platter che a tratti mi ricorda molto i migliori Led Zeppelin e anch’esso mi è stato suggerito dal suddetto medicine man: l’anno è il 1972.
“Hold The Line” dei Toto la conosce chiunque non sia nato sordo, dall’ultimo dei paninari al primo dei truzzi: questo classico l’ho preso perché dovevo trovare un settimo album per usufruire dell’offerta di sette euro a disco e quindi ho fatto di necessità virtù! Magari nella vita fossero tutte così le scelte obbligate.
Non sono un passatista, infatti seguo e supporto diversi gruppi emergenti, ma devo ammettere che la maggior parte dei miei dischi preferiti sono stati concepiti in quell’età dell’oro che io sito tra la fine degli anni sessanta e la fine dei settanta.
Trovo del buono persino nella trap italiana (lo stile di Tedua, le produzioni di Charlie Charles), vengo da varie plusvalenze con le prime stampe di dischi hip hop (su tutte quella del vinile de “L’attesa” di Kaos One che anni fa vendetti a cinquecento euro quando io lo avevo pagato ventuno), mi piace anche la vocal trance e conosco quasi a menadito i sottogeneri del metal, ma ho trovato la mia dimensione ideale nella golden age del prog.
In quella decade meravigliosa c’è stata un’abbondanza straordinaria ed è per questo motivo che alcuni dischi di allora hanno trovato soltanto di recente un riscontro, una seconda vita, il tardivo riconoscimento che non potevano ottenere a loro tempo per via di un’opulenza luculliana.

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21
Ago

A caccia di vinili

Pubblicato domenica 21 Agosto 2016 alle 23:33 da Francesco

Sabato mi sono recato nella ridente Follonica per l'undicesima fiera del disco. Invero non c'erano molti espositori, ma per fortuna ciò che mancava in quantità v'era in qualità!
Non avevo a disposizione un grande budget e di conseguenza non ho potuto comprare certe primizie, ma ho trovato dei buoni vinili a poco e ho scoperto qualche nuovo disco che di sicuro mi procurerò in futuro. Tra i miei acquisti migliori segnalo i vinili di "Fugazi" dei Marillion e la colonna sonora di "Momenti di gloria" di Vangelis a cinque euro cadauno! Certo, dischi usati, ma ancora in buone condizioni. Il mio venditore di fiducia mi ha fatto scoprire un gruppo staordinario dello Zimbabwe, gli Assagai; di costoro ho acquistato l'omonimo album di debuto del 1971, un misto di jazz, progressive rock e musica etnica: devo ancora approfondirne le sonorità ma ammetto che mi aveva preso moltissimo già mentre ne valutavo l'acquisto con un ascolto in streaming. Tempo addietro i dischi si ascoltavano nei negozi in cuffia oppure da un amico, ma per fortuna oggi le connessioni mobili e i contenuti su YouTube (che per gli appassionati sono promo e non volgare pirateria) dànno modo alle persone di farsi subito un'idea di quanto non conoscono.
Ho preso anche un disco leggendario come "The Nightfly" che ancor oggi è usato per testare la qualità degli impianti in quanto è un vero punto di riferimento; inoltre ascoltare l'opening track, I.G.Y., in vinile, ha tutto un altro sapore! Sono anche contento per l'acquisto del doppio live dei Camel, una band prog che adoro in modo particolare, specialmente per la chitarra di Latimer.
Senza manco ascoltarlo ho preso sulla fiducia "'O Sanghe" di James Senese e Napoli Centrale; d'altro canto sono pochi altri gli artisti per cui metterei la mano sul fuoco e anche questa volta ho avuto ragione! Rammento ancora lo straordinario concerto di questi musicisti favolosi in quel di Grosseto, lo scorso novembre: il top, davvero il top!
Non mi sono fatto scappare una buona copia a quindici euro di "Six wives of Henry VIII" dello straordinario Rick Wakeman, il mio tastierista preferito (sia da solo che con gli Yes). Che dire poi di una stampa giapponese di "Seventh Sojourn" dei Moody Blues? Potevo lasciarla là? Certo che no! Gli Arti e Mestieri non hanno certo bisogno di presentazioni e "Giro di valzer per domani" è l'unico loro disco che mi mancava, perciò l'ho preso in CD; sullo stesso filone "2" dei nostrani Agorà: che gruppi! Ho trovato a poco anche un album degli Eloy che mi mancava e l'ho preso. Ringrazio ancora il mio venditore di fiducia perché mi ha anche regalato il promo di un giovane gruppo prog italiano che già ha fatto un buon esordio discografico: mi riferisco agli Ingranaggi della Valle. Tra dischi vecchi e nuovi ho quanto basta per aspettare l'autunno e passare un altro inverno in solitudine in attesa della primavera: mi sia concesso di fare il verso a Kim Ki-duk…

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27
Ago

Vinili e dischi ottici

Pubblicato giovedì 27 Agosto 2015 alle 13:35 da Francesco

Alcuni giorni or sono mi sono recato nella ridente Follonica per la Fiera del Disco: in occasioni del genere trovo sempre qualcosa che non ha prezzo, ovvero le conoscenze musicali di chi scelga di condividerle e dalle quali traggo quasi sempre degli ottimi spunti. Forse l’acquisto di vinili e CD può sembrare anacronistico agli occhi di taluni, tuttavia ancora compro e vendo questi supporti perché mi piace ascoltare attentamente i dischi, tanto in analogico quanto in digitale, inoltre mi diverto a raffinare la mia esigua collezione con gli scambi anzidetti.

Nell’immagine il primo disco in alto a sinistra è “Déjà vu”, opera di un ensemble di tutto rispetto che comprende David Crosby, Neil Young, Stephen Stills e Graham Nash: un classico che mi è sfuggito per lungo tempo! Accanto a quest’ultimo v’è un disco delizioso, “Ashes Are Burning” dei Renaissance, rock progressivo che la voce di Annie Haslam ammanta di magia. In alto a destra invece campeggia una ristampa de “L’era Del Cinghiale Bianco”, un album che conosco e ascolto da quindici anni nonché uno dei miei punti preferiti nell’intera discografia di Franco Battiato.
Il primo a sinistra della fila centrale è un disco di David Crosby piuttosto famoso e anch’esso è rimasto ignoto alla mia attenzione fino a pochi giorni fa benché si tratti di un classico: il titolo è “If I Could Only Remember My Name”. Accanto al debutto solista di Crosby si trova il vinile della colonna sonora di Milano Calibro 9, uno di quei film degli anni settanta che erano (e ancor oggi sono) definiti “poliziotteschi” per distinguerli da altri classici polizieschi; insomma, delle musiche si occuparono gli Osanna di Lino Vairetti, uno dei pilastri partenopei del prog italiano e ne uscì qualcosa di meraviglioso! Sotto “L’era Del Cinghiale Bianco” c’è un album di portata mostruosa, uno dei capitoli più belli dei Camel e per quanto mi riguarda dell’intero prog mondiale, ovvero “Moonmadness” di cui inserisco a piè di pagina il video di “Lunar Sea”, ultima traccia del platter. La fila in basso comincia a sinistra con i Fuzzy Duck e il loro album omonimo, ideale per tutti gli amanti del moog; è un lavoro che si situa a cavallo tra l’epoca psichedelica e quella progressiva. Sotto il vinile degli Osanna si trova una serie di CD: Gli Alluminogeni con “Scolopendra”, album di rock progressivo del settantadue che non è registrato nel migliore dei modi ma che a me offre lo stesso belle sensazioni; Brian Eno con “Apollo: Atmospheres and Soundtracks”, un lavoro che si ispira alla missione Apollo della Nasa con un ambient di ottima fattura; Sotto “Scolopendra” si trova “In Praise Of Dreams” di Jan Garbarek, in cui il sax di quest’ultimo esalta tutto il resto; poi v’è un disco di Keith Jarrett del settantasei, “El Juicio (The Judgement)” sul quale credo che sia inutile scrivere alcunché; infine vi sono due dischi di prog italiano che io reputo imprescindibili nel genere, ovvero Quella Vecchia Locanda con l’album omonimo e “Contaminazione” ad opera de Il Rovescio della Medaglia. Last but not least (cioè ultimo ma non meno importante) in fondo a destra c’è un disco straordinario di psichedelia, “Forever Changes” dei Love; quest’ultimo me lo sono fatto consigliare da chi me lo ha venduto, difatti non trovavo nulla che m’interessasse al suo banco ma volevo prendergli qualcosa e così gli ho dato carta bianca: diamine, per dargliene ancora sarei pronto a cancellare i papiri di Ossirinco!

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