24
Mag

Cinquantadue su cento

Pubblicato lunedì 24 Maggio 2021 alle 17:40 da Francesco

Sabato ho preso parte ai campionati italiani di cento chilometri su strada che si sono svolti nell’autodromo di Imola, ma la mia prestazione si è conclusa dopo cinquantaduemila metri. Durante una brevissima pisciata ho notato la mia urina troppo scura e mi sono reso conto che mi ero disidratato troppo, perciò ho optato subito per il ritiro. Peccato, perché le condizioni atmosferiche erano buone nonostante fosse il terzo fine settimana di maggio, quindi non posso accampare scuse. Di sicuro ho sbagliato qualcosa, forse nell’integrazione, benché io mi sia idratato molto tanto nei giorni precedenti alla partenza quanto nel corso della gara.
La prossima volta proverò ad andare in ritiro sott’acqua, magari prenotando una stanza su Airbnb o chiamando direttamente la Sirenetta.
Invero credo che quella di sabato sia stata la mia ultima esperienza sulla distanza dei cento chilometri, difatti su otto partecipazioni ho all’attivo quattro risultati e quattro ritiri: la faccio finire in parità! Il mio tempo migliore è destinato a rimanere quello di 8 ore e 35 minuti corso a Seregno nel 2018, anche in quell’occasione gara valevole come campionato italiano.
Adoro la categoricità della corsa perché mi ha elargito insegnamenti importanti. Non ho mai superato i miei limiti di guardia, non ho mai rischiato la salute e non intendo farlo, inoltre credo che abbia più margine di miglioramento sulle distanze minori, ossia dalla maratona in giù, fino ai cinquemila metri. Il viaggio continua.

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16
Apr

Cento Chilometri di Seregno

Pubblicato lunedì 16 Aprile 2018 alle 14:06 da Francesco

Ieri, a una settimana dalla maratona di Roma, ho corso la Cento Chilometri di Seregno e ho stabilito il mio nuovo record personale sulla distanza: 8h35’38”, ovvero una media di 5’09” al chilometro. Lunga vita a Bashar al-Assad e che Vladimir Putin lo sostenga.
Mi sono iscritto alla gara il dodici aprile con l’obiettivo di correrla in funzione del Passatore e dunque la mia partecipazione è stata tanto improvvisa quanto improvvisata, un po’ come il multiculturalismo esasperato e i suoi effetti collaterali.
Sono contento del risultato per la prossimità con il 2h46’ capitolino e per l’assenza totale di una preparazione specifica, difatti era da maggio 2016 che non correvo più di quarantadue chilometri senza soluzione di continuità.
Mi sono anche preso la rivincita sul ritiro a cui fui costretto proprio a Seregno quattro anni fa, quando gettai la spugna poco dopo il settantesimo chilometro, dunque ho colto l’occasione per immedesimarmi in quanto disse il generale MacArthur durante la guerra del Pacifico: "I came out of Bataan and I shall return".
Le condizioni climatiche si sono rivelate perfette e onestamente non ne avrei potuto chiedere di migliori. Il livello della gara era alto poiché valeva come campionato italiano FIDAL e assicurava la convocazione in nazionale ai vincitori, quindi sono contento del mio sedicesimo posto in qualità di outsider.
Ho patito molto gli ultimi quindici chilometri, in particolare i settemila metri finali, ma a meno di mezza versta dal traguardo ho fatto un allungo per evitare che sul mio tempo scattasse il sei nelle unità dei minuti. Ho coronato una stagione stupenda, in cui per il mio livello ho fatto coesistere quantità e qualità, smentendo facilmente certe cassandre che hanno una visione ristretta della corsa.
A fine maggio cercherò di scendere sotto le nove ore al Passatore poiché questo prevedono i miei tempi sulla maratona, però mi sento già appagato e mi proietto verso la gara con la tranquillità mentale di chi può permettersi di sbagliare: io ci proverò.
Per affrontare distanze del genere mi occorrono allenamenti lunghi e lenti, sessioni di corsa in cui io stia almeno quattro ore sulle gambe, insomma, una pazienza infinita come quella che ho avuto ieri dalle otto del mattino alle quattro e trentacinque del pomeriggio.
Quella di Seregno è stata la mia quarta gara da cento chilometri: la prima (la quale fu anche la mia prima gara in assoluto) fu il Passatore del 2013 che chiusi in 9h40′.

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28
Mag

Cento chilometri del Passatore 2014

Pubblicato mercoledì 28 Maggio 2014 alle 08:44 da Francesco

Sabato ho corso la cento chilometri del Passatore per la seconda volta e sono di nuovo riuscito a terminarla benché il mio tempo sia stato più alto di circa cinquantaquattro minuti rispetto a quello dell’anno precedente: nel 2013 impiegai 9 ore, 40 minuti e 54 secondi per raggiungere piazza del Popolo a Faenza, in quest’edizione invece ho fermato il cronometro 10 ore, 34 minuti e 31 secondi dopo lo start che è avvenuto in via dei Calzaiuoli, in quel di Firenze.
Fino al Passo della Colla tutto è filato liscio e infatti, da quanto m’è stato riferito, ero tra i primi novanta benché abbia impiegato quattordici minuti più dello scorso anno per scollinare al 48° chilometro. Fino a Marradi, al 65° chilometro, ho mantenuto un passo che mi proiettava ancora sotto le dieci ore, ma dopo il 70° ho avuto dei crampi ai polpacci e all’addome, dolori così lancinanti per i quali mi sono dovuto stendere sull’erba al lato della strada mentre passavano le auto. Una volta a terra, nel buio della notte e in quello del cuore, ho spinto le gambe contro una recinzione: dopo un po’ è sopraggiunto un altro podista che s’è fermato quasi un minuto per aiutarmi. Quando costui è ripartito io sono rimasto qualche altro secondo disteso e mi sono chiesto se avrei fatto lo stesso qualora i ruoli fossero stati invertiti: ho pensato subito di sì, ma ne sono diventato certo prim’ancora di rialzarmi per ripartire.
Verso Brisighella mi sono dovuto fermare una seconda volta per dei conati di vomito, forse un principio di congestione che mi sono procurato con l’assunzione di troppi liquidi: insomma, mea culpa, ho fatto qualche errore d’integrazione. Qualche chilometro dopo, prima del 95°, si sono ripresentati i crampi: bentornati! Seppur di minore intensità, i dolori alle gambe mi hanno fatto crollare di nuovo a terra e ho impiegato oltre un minuto per riprendermi. All’ultimo ristoro, quello del 95° chilometro, ho bevuto del the caldo e mi è sembrato la panacea di tutti i mali perché mi ha permesso di correre gli ultimi cinquemila metri sotto i sei minuti al chilometro: una velocità stellare per la condizioni in cui ero ridotto e con i quasi cento chilometri che avevo già macinato. Ho riguadagnato diverse posizioni e mi ha davvero sorpreso il cambio di passo che mi sono imposto, però avrei preferito che una tale brillantezza fosse stata spalmata meglio negli ultimi trenta chilometri.
Ora mi domando dove io abbia trovato quel vigore finale. Forse dopo il superamento di un limite s’apre per un po’ una comoda strada che ne introduce di più tortuose. La mia tenuta mentale è stata ottima e ne sono felice perché mi ha dato buone indicazioni su quanto esula dallo sport.  Ho patito molto in questa cento chilometri, è stata la mia gara più lunga in assoluto e penso che mi abbia aiutato ad incrementare la mia soglia di sopportazione del dolore (che fa tanto comodo anche nella vita), ma alla fine sono riuscito a concluderla con un dignitoso 204° posto su 1738 atleti arrivati e su 2198 partiti.
Penso che ormai abbia dato il meglio di me nell’ultramaratona, perciò ho intenzione di dedicarmi a distanze più brevi, almeno per qualche tempo, però è sempre facile ricascarci…
Invero la cosa migliore sarebbe che io cominciassi a scopare.
Ad maiora.

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