10
Ott

Naufragar m’è dolce in questo letame

Pubblicato mercoledì 10 Ottobre 2012 alle 01:31 da Francesco

L’eutanasia dovrebbe essere un diritto per tutti. Se fossi un malato terminale rifiuterei ogni tipo di accanimento terapeutico e cercherei una morte dolce. In Italia non c’è la libertà di disporre del proprio corpo perché il Vaticano vuole imporre anche ai non credenti i suoi precetti deliranti. Queste ingerenze sono i capisaldi di una teocrazia invisibile che cagiona inutili sofferenze e crea corsie preferenziali per coloro che possono permettersi un viaggio di sola andata all’estero.
Non sono un cattolico e non voglio avere niente a che fare con la religione di merda che inquina la mia nazione, ma l’avverso perché s’impone attraverso degli alfieri politici, ovvero puttanelle al soldo di alti prelati. Il cattolicesimo è intriso di fanatismo, ma se fosse un culto privato a me non recherebbe fastidio alcuno. Se un domani io dovessi ammalarmi gravemente la mia volontà non verrebbe tutelata e sarei costretto a sottostare a quello che de facto è un divieto ecclesiastico. Forse il dio inteso da Nietzsche è morto, ma evidentemente occorre fare scempio del cadavere affinché non ne rimanga più traccia.
Altre volte ho accennato l’argomento, ma negli ultimi giorni sono tornato a ripensarci perché ho visto uno spot geniale a favore dell’eutanasia in cui s’invitano i malati terminali a farsi vivi per prenderne parte. Qualcuno ha trovato tale iniziativa di cattivo gusto, ma penso che difficilmente una campagna del genere avrebbe potuto trovare un’impostazione migliore: da parte mia tanto di cappello! La vita non appartiene a nessuna divinità del cazzo ed è disumano sacrificare la dignità di certi malati per contentare un branco di dementi. Un cattolico deve restare libero di soffrire quanto e come vuole, allo stesso modo in cui riconosco il diritto dei Testimoni di Geova a rifiutare le trasfusioni di sangue, ma parimenti la mia volontà deve essere rispettata in pieno. Tutto questo discorso gronda banalità in quanto è formato da auspici che dovrebbero essere già conquiste datate, ma credo che ormai sia soltanto una questione di tempo e spero di vivere abbastanza per usufruirne sul punto di morte qualora dovessi giungervi con un male oscuro.

Categorie: Parole |

11
Apr

L’impraticabile via della perfezione

Pubblicato lunedì 11 Aprile 2011 alle 15:56 da Francesco

Domenica ho camminato per ventuno chilometri e per quasi tutto il tragitto ho accompagnato i miei passi alla lettura de “Il Maestro e Margherita”. Sono tornato a casa stremato e non per via della distanza che riesco a coprire agevolmente a corsa con ritmi sostenuti, bensì a causa del digiuno prolungato e involontario che ho protratto per circa ventitré ore. La spossatezza e la vicinanza dello stato ipoglicemico mi hanno chiarito le idee, perciò in futuro, qualora mi trovassi ad affrontare situazioni analoghe, potrei procurarmi deliberatamente lo stato psicofisico in cui sono piombato accidentalmente e per mezzo di questo sciogliere il bandolo della matassa.
Ho commesso un passo falso nell’introiezione di un evento per me assai raro e ancora una volta l’introspezione mi ha aiutato a scoprire lo sbaglio benché in questa occasione le sia servita una spinta notevole. Non escludo che le circostanze nella quali mi sono trovato a cogitare me le sia procurate inconsciamente, come se io avessi sviluppato delle difese immunitarie nel subconscio. In ogni caso ho compreso che posso mantenere ancora a lungo l’equilibrio tra il desiderio e la sua antitesi, perciò non devo preoccuparmi di compiere una scelta al più presto. Ho ingigantito un dolore e l’ombra di un gatto mi ha fatto credere che una tigre si stesse avvicinando verso di me. Ovviamente devo sopportare alcuni strascichi emotivi, però ciò non costituisce un problema. L’inesperienza mi ha tradito, ma l’intelligenza mi ha vendicato. Non sono perfetto, ma non cesso mai di provare a perfezionarmi. Per quanto sia banale e ricorrente, una citazione di Nietzsche risulta sempre veridica, però non voglio riportarla. Sono disposto ad alzare bandiera bianca a patto che al centro di questa campeggi un cerchio rosso, così da ricordarmi l’indole di un popolo con cui sono stato a contatto più volte e che supera ampiamente lo stoicismo.

Categorie: Immagini, Parole |

2
Apr

L’ormone della felicità

Pubblicato sabato 2 Aprile 2011 alle 10:51 da Francesco

Finalmente ieri, dopo quasi due mesi, sono tornato a correre. Ho accorciato di tre chilometri il mio itinerario e di conseguenza ho coperto una distanza di diciottomila metri con un passo di quattro minuti e quaranta al chilometro. Ho sentito le gambe pesanti e il vento contrario non mi ha facilitato la prestazione, però sono soddisfatto di questo ritorno e credo che presto riotterrò la velocità di un tempo sul percorso originale.
Al di là delle questioni tecniche, per me è stato davvero importante il ritorno alla corsa anche e specialmente sotto l’aspetto emotivo. Non posso certo seminare podisti esperti e più svelti, ma quando corro riesco a lasciarmi dietro ogni delusione, ogni aspettativa funerea, ogni dolore e tutto l’armamentario della tristezza. Quando torno a casa non c’è nessuno ad aspettarmi, ma dopo una fatica del genere non rientro mai abbattuto e anzi, un profondo senso di orgoglio mi fa sempre strada. Talvolta, di sera, dopo una mezza maratona (o una distanza che le si avvicini molto) io sfioro la commozione e qualche volta arrivo anche al punto di lacrimare. L’attività fisica è lo strumento con il quale mi sono salvato la vita  e per mezzo di cui me la continuo a rendere piacevole. La produzione di endorfine che avviene durante la corsa svolge un ruolo importante in tutto ciò, ma non è una questione esclusivamente biochimica e difatti, almeno nel mio caso, il primo motore è quello della volontà di vivere. Ogni tanto, se potessi sdoppiarmi, mi abbraccerei. Tra dieci anni mi vedo ancora sulle stesse strade, sotto gli stessi soli pomeridiani, tra equinozi e solstizi ormai assodati, con auricolari (questi mi auguro diversi!) per veicolare melodie veloci e potenti, con le smorfie facciali forse un po’ avvizzite  Chissà, per me e la corsa potrebbe valere una celebre formula che di solito ricorre in altri ambiti: “Finché morte non vi separi”.
Nei giorni precedenti il mio stato d’animo era sceso drasticamente perché avevo visto collassare su se stessa un’occasione rara e meravigliosa. Il desiderio genera sofferenza, ma è un rischio che sono sempre pronto a correre, in tutti i sensi. Dovrei scrivere certe cose a qualcuno, ma alla fine anche così va bene, senza parole.

Categorie: Immagini, Parole |