24
Mar

Egolalia

Pubblicato martedì 24 Marzo 2009 alle 01:00 da Francesco

In questo periodo non ho granché da annotare e con il passare del tempo mi sembra che io abbia sempre meno da scrivere, ma trovo che la sporadicità dei miei appunti sia un fenomeno normale. La mia mente non è sterile, ma non riesce a partorire idee e preferisce godere dei suoi interminabili momenti di serenità. Non ho mai scritto qualcosa di monumentale perché non ho mai giaciuto in una tristezza abissale e dunque non ho mai potuto raggiungere quelle profondità del dolore dalle quali è possibile estrarre concetti di rara bellezza; taluni sono stati trascinati in una ricerca simile senza volerlo e sono rimasti sepolti sotto il peso delle loro scoperte come accade ancor oggi a certi minatori asiatici per un compenso di gran lunga inferiore. Durante le fasi più concitate della mia introspezione mi sono spinto fino a dove ho dovuto, ma non ho mai provato a oltrepassare certi limiti perché per farlo avrei dovuto procurarmi volontariamente del male, ma la mia indole tende verso il bene e per fortuna non sono in grado di arrecare danno a me stesso in maniera intenzionale. Non ho grandi eventi da celebrare né mi fronteggiano chiome che io possa incoronare, ma al cospetto di ogni giorno io provo una sorta di esaltazione per il solo fatto di vivere e questa sensazione non è figlia di alcuna struttura dogmatica. Io non sono in grado di spiegare ciò che alimenta positivamente il mio umore, ma è qualcosa di autentico che sfugge alle parole e che a mio avviso non può scaturire direttamente da nessun indottrinamento. Forse dovrei ricorrere a due termini filosofici per dare una vaga idea di ciò che intendo e con l’accostamento del cinismo filosofico allo stoicismo potrei lasciare un indizio a questo riguardo, tuttavia quest’ultimo risulterebbe tale persino per la mia capacità descrittiva data la natura sfuggente della sensazione stupenda che mi accompagna da un po’ di tempo e che ho fatto oggetto di esame per l’ennesima volta. Se io leggessi queste parole con gli occhi di un estraneo non potrei fare altro che schernirle. Ciò che ho scritto finora risulta vago e approssimativo persino per me, ma il carattere indeterminato di questo appunto non dipende affatto dalla mancanza di conoscenza dell’argomento in questione ed è soltanto la conseguenza della difficoltà di spostare una sensazione da un piano ineffabile a un piano intelligibile. Pazienza.

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1
Ott

Esordio ottobrino

Pubblicato mercoledì 1 Ottobre 2008 alle 21:06 da Francesco

Non cerco risposte, ma analizzo volentieri quelle che mi dà il corpo. Da alcuni mesi ho diminuito le mie sessioni ciclistiche per concentrarmi sulla corsa, ma questo cambiamento progressivo non è stato dettato da una velleità agonistica. Quasi due anni fa non riuscivo a correre con continuità poiché dopo una settimana di sforzi podistici avvertivo puntualmente dei problemi al ginocchio sinistro, ma non ho mai capito se la parte interessata fosse il tendine rotuleo o il menisco e anche questo fatto ha contribuito a farmi salire sulla sella di una mountain bike. Non avverto più i problemi di un tempo e posso affermarlo con certezza poiché corro con una buona costanza dall’inizio dell’estate. L’attività fisica è una comprimaria indispensabile per il mio equilibrio e non mi stancherò mai di ripeterlo. Il percorso che affronto abitualmente si snoda per quasi sedici chilometri¹ e lo percorro con una media di tredici chilometri orari. Senza stressare eccessivamente il mio fisico riesco a coprire la distanza di un chilometro in circa quattro minuti e mezzo. Il mio ritmo non è da maratoneta, ma è tutt’altro che blando e mi permette di correre anche sei volte alla settimana senza accusare fatiche o dolori rilevanti. Ho aumentato ulteriormente il mio benessere psicofisico perché amo la vita in quanto tale. Credo che la mia esistenza finora sia scindibile in due parti. In un primo tempo la timidezza adolescenziale mi ha tenuto lontano dai circoli viziosi del mondo e in seguito la rivoluzione della mia volontà mi ha consentito di modellare la mia esistenza sana. Sono così appagato che non sento pressioni particolari. Non ho bisogno di raggiungere obiettivi e la mia mancanza di propositi non è quella che può essere ravvisata in un derelitto, ma è la conseguenza idilliaca di un individuo che adora l’esistenza al di là delle sue definizioni ingannevoli ed è consapevole del mondo che lo circonda. Credo che il vuoto sia qualcosa di stupendo qualora non sia compenetrato dalle banalità nichilistiche. Ho sempre cercato di fuggire dalla mediocrità e ci sono riuscito, ma la mediocrità a cui mi riferisco non è quella che taluni affibbiano ai loro simili dopo essere saliti su un piedistallo instabile. Non posso giudicare scientemente le scelte altrui e queste non condizionano la mia esistenza, infatti la mediocrità che io ho sempre chiamato in causa è la mia mediocrità potenziale e con questo mi riferisco all’evenienza delle debolezze etiche, dove a “etica” attribuisco il significato aristotelico, ovvero la scelta di ciò che è bene per me stesso in quanto uomo. Adopero lo stesso impegno per mantenere alta la mia attenzione e anche per questo motivo porto avanti una pulizia etnica nei confronti dei refusi che talvolta lascio cadere su queste pagine: è un esercizio utile che non influenza soltanto la scrittura.

1. In precedenza credevo che fossero quattordici chilometri, ma dopo una misurazione con Gmaps ho constatato che la lunghezza effettiva del percorso è di quindici chilometri e ottocento metri.

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29
Ago

Standby

Pubblicato venerdì 29 Agosto 2008 alle 22:51 da Francesco

Mi sono reso conto che attualmente non ho granché da appuntare su queste pagine e ho deciso di lasciarle impolverare per un po’ di tempo. In questi anni la scrittura mi ha aiutato enormemente, ma ormai il suo aspetto terapeutico è terminato e io padroneggio la mia esistenza con maestria. Avrei voluto utilizzare queste pagine per archiviare alcune annotazioni delle mie letture, ma alla fine ho deciso di non lasciarmi dominare dall’attaccamento affettivo che provo nei confronti di questo spazio virtuale. Credo che il mio lavoro introspettivo abbia dei punti in comune con il fine antropologico di 7up. 7up è un programma televisivo che da diverse decadi segue la crescita di alcune persone e si sviluppa con delle interviste che avvengono ogni sette anni. Il programma sostiene che il futuro dei protagonisti sia determinato dalla loro estrazione sociale, ma questo assunto non mi interessa particolarmente e non lo condivido in pieno. Il mio carattere non è cambiato molto da quando ero un bambino e io mi sento sempre la stessa persona, ma è mutato radicalmente il modo in cui guardo me e le mie azioni. Mi sto allontanando dalla scrittura perché non ne ho più bisogno e non riesco a trarne lo stesso piacere di un tempo, invece la lettura mi aggrada ancora e probabilmente non l’abbandonerò mai. Credo che a suo modo la scrittura sia una forma di rumore e per adesso non ho più voglia di fare chiasso. Ho trovato un luogo ideale per vivere e trascorrerò il prossimo inverno e il resto della mia vita nella campagna che circonda il mio comune. Mi ricongiungerò per brevi periodi al caos cittadino quando deciderò di compiere un viaggio in qualche grande metropoli. La mia vita non è cambiata esteriormente e sono ancora un individuo che abbraccia con passione la propria solitudine, ma la consapevolezza che mi anima è la più grande risorsa di cui io abbia bisogno per campare felicemente. Queste pagine non sono soltanto un documento introspettivo, ma attestano una forma di felicità che è alla portata di chiunque e rappresentano un manifesto personale che non può essere intaccato dalle mie menzogne né da quelle di terze persone. Immagino che questa scelta faccia parte di un meccanismo ciclico, perciò in futuro mi aspetto di scrivere nuovamente con la costanza che mi ha contraddistinto in passato. Ho demolito buona parte del mio Ego e non mi resta che salire sulle sue rovine per respirare un’aria nuova. Non voglio nulla di particolare e continuo a sentirmi bene. Sono lontano da ciò che allontana dalla serenità e intendo accentuare la mia posizione eremitica. Adesso è il turno del silenzio, ma anche quest’ultimo avrà una fine.

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22
Ago

Love affair

Pubblicato venerdì 22 Agosto 2008 alle 01:59 da Francesco

Lungo queste pagine ho affrontato in più occasioni due aspetti della vita che non ho mai provato: l’amore e il sesso. Non ho nulla da aggiungere a quanto ho scritto finora e non intendo girare un altro video per ribadire gli stessi concetti. L’amore esiste ed è la più grande potenza interiore a cui l’uomo possa ambire, ma credo che non abbia nulla a che fare con le aspettative egoistiche che talvolta si annidano negli esseri umani. Io amo l’imparzialità e per questo motivo mi rifiuto di negare l’esistenza dell’amore. In diversi punti de “La Masturbazione Salvifica: Diario Agiografico Di Un Onanista” ho toccato questo tema e l’ho trattato con la riverenza che merita ogni opera monumentale della natura umana. Ho imparato ad amare me stesso e di conseguenza posso vivere serenamente senza amore, ma so che la sua assenza mi rende incompleto e mi limito a prenderne atto senza scadere in comportamenti di bassa lega. Una frase molto banale esprime perfettamente ciò che intendo: “Non si può avere tutto nella vita”. Ho ventiquattro anni e sono ancora giovane, ma credo ugualmente che alla mia età sia indicativa la totale estraneità ai rapporti affettivi. Mi limito a seguire la mia indole solitaria, tuttavia non la rafforzo con il più grande inganno che l’essere umano possa tessere contro di sé, ovvero la negazione dell’amore. Io sento continuamente le lamentele di alcune persone che sono profondamente condizionate dalle loro delusioni. I fallimenti sono fenomeni personali, soggettivi, privati, mentre l’amore è un dato di fatto che per alcune persone, compreso me, è ancora un’astrazione. Non cerco una verità assoluta, ma cerco di puntare sempre verso una posizione imparziale e per alimentare il mio moto morale devo sacrificare porzioni di Ego di cui ormai non mi importa nulla. Penso che la vita sia meravigliosa perché il suo svolgimento è soggetto a combinazioni infinite. Forse manca sempre qualcosa nella maggioranza delle esistenze umane, ma io sguazzo in questa carenza mutevole e spesso la identifico con una parola che adoro nel suo senso mistico: “Vuoto”. Amo la vita e di questi tempi non è poco; l’amo senza l’appoggio di un sentimento esterno e senza l’ausilio di una fede oppiacea. Le mie parole si ripetono come certe fasi del giorno che riescono ancora a stupire dopo miliardi di repliche.

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18
Lug

It works

Pubblicato venerdì 18 Luglio 2008 alle 21:52 da Francesco

Ogni tanto la collera e le esternazioni irose consentono alla mia serenità di assumere un aspetto umano, ma le controversie che mi riguardano e il modo in cui le affronto sono cose di poco conto alle quali riservo l’attenzione che reputo opportuna. Non desidero nulla in modo smodato perché mi sento piuttosto appagato. Negli ultimi anni alcune necessità apparenti sono cadute dai rami dei miei bisogni e il loro impatto con il suolo non ha prodotto rumore. Le mie parole non contengono nulla di esoterico e sono tanto distanti da ogni forma di spiritualità quanto lo sono io. Sento una gioia profonda dentro di me, tuttavia non sono in grado di descriverla adeguatamente. Il mio presente è immerso nel vuoto, ma quest’ultimo non è una fonte di tristezza ed è fondamentale che io spenda qualche parola per contenere la portata di ogni fraintendimento futuro. Le mancanze affettive, la nostalgia per un passato apparentemente migliore, l’assenza di un riferimento e  il pensiero ricorrente della morte sono alcune parti del vuoto a cui mi riferisco, ma credo che queste condizioni non siano necessariamente le fondamenta dell’infelicità e vedo in loro lo stesso potenziale che spesso è più facile riscontrare nelle rispettive controparti. Se la mia vita fosse stata radicalmente diversa forse non avrei visto alcune cose e con questo non oso  affermare che certe prospettive possano essere raggiunte soltanto attraverso l’isolamento, ma io probabilmente non ci sarei riuscito in un’altra maniera e sostengo questa ipotesi sulla base di quanto conosco della mia persona. La mia indole non mi consente di accontentarmi e in parte ne sono felice, ma la mia soddisfazione ha già raggiunto un grado elevato e mi sforzo di preservarla invece di arricchirla secondo i ritmi parossistici che sono richiesti dal lato più ingenuo della mia interiorità. Conosco buona parte dei meccanismi che regolano il mio comportamento grazie una gavetta intensa, tuttavia mi rendo conto che una conoscenza di questo tipo possa essere riconosciuta soltanto da chi la consegue e la esercita poiché neanche quest’ultimo è sempre in grado di certificarla con tutti i crismi di una introspezione imparziale.

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