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Feb

Idillio di astrazioni e falcate

Pubblicato lunedì 1 Febbraio 2021 alle 22:25 da Francesco

Mi sento in procinto di raggiungere la migliore forma fisica che io abbia mai esperito e spero di farla valere alla prima occasione utile. Nelle ultime settimane ho riflettuto sul mio rapporto con l’atletica leggera e sono giunto a una simpatica conclusione che mi ha fatto ridere di gusto.
A livello emotivo la corsa mi ha dato più di quanto abbiano fatto tutti i rapporti platonici in cui, a mio disdoro, mi sono ritrovato nell’arco di sedici anni. Non sono state molte le occasioni nelle quali s’è innalzato un ponte tra me e una ragazza, però tutte le confidenze, i prodromi di complicità, la sagacia, le piacevoli illusioni d’una parvente intesa, persino un rinnovato senso d’identità per interposto sé, ebbene, tali cose non mi hanno mai fatto provare ciò che mi ha rapito in alcune gare o in certi allenamenti dove mi sono sentito tutt’uno con il cosmo.
A questo proposito mi vengono in mente le parole di Toshihiko Seko, un fortissimo maratoneta giapponese degli anni ottanta che una volta disse: “The marathon is my only girlfriend, I give her everything I have“. Lui era un campione mentre io sono soltanto un buon dilettante, ma capisco ciò che intendeva. Domani stesso potrei essere costretto a non correre più per un incidente, una malattia o per qualche altra disgrazia, ma se mi accadesse qualcosa del genere avrei comunque già maturato tanti bei ricordi.
Per me la corsa non rappresenta tutto così come io stesso non sono il mio semplice corpo, però mi rendo conto che le riservo delle attenzioni particolari e ancor oggi, dopo tanti anni, ne sono ancora perdutamente innamorato.
Cosa può darmi una relazione affettiva che la corsa non sia in grado di elargirmi? A parte le facili battute da caserma, le quali comunque mi divertono sempre, mi pongo quell’interrogativo con la massima serietà. Immagino che io riesca a dare il meglio di me da solo perché ho molto amor proprio e poco da condividere. Sono arrivato a un punto in cui sto talmente bene con me stesso che potrei contenere e modificare questa mia condizione solo se mi trovassi dinanzi a una esponente della kalokagathia con le medesime intenzioni: meglio che io continui a correre!

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25
Dic

L’umidità e tutto il resto

Pubblicato venerdì 25 Dicembre 2020 alle 01:19 da Francesco

A dicembre ho ritrovato una buona continuità nei miei allenamenti, difatti negli ultimi diciotto giorni non mi sono mai fatto mancare un’uscita e così, dall’inizio del mese, tra frazioni lente e veloci ho incamerato poco più di quattrocento chilometri a un’andatura media di 4’24″/km.
Nella mia zona vige un’atmosfera spettrale e il giovane inverno ne rende le sembianze più desolate di quanto già non siano, tuttavia io mi trovo a mio agio in codesta cornice e ne apprezzo i silenzi d’avello. Coltivo con giocosità e piacere il modesto proposito di migliorare le mie prestazioni atletiche, ma non ne sono ossessionato e così riesco a godermi le meraviglie in cui transito. Non cerco di arricchire la mia esistenza con grandi imprese, bensì faccio il possibile affinché essa mi risulti gradevole e finora, malgrado qualche inciampo, ci sono sempre riuscito. Non mi aspetto niente da nessuno, anzi, metto in conto futuri e inesorabili peggioramenti sotto molteplici aspetti, ma tale ineluttabilità non m’inquieta. I miei desideri sono latenti, non latitanti, quindi ne conosco gli spostamenti e non mi curo del pericolo di fuga né dei loro sbalzi di temperatura: infondo non mi fanno né caldo né freddo. Certe idee in me sono regioni autonome che non possono avanzare pretesa alcuna, ma ne rispetto l’indipendenza e le lascio stare.
La mia abitudine a stare per i fatti miei può dare l’impressione che in me alberghi un altezzoso sprezzo per gli altri, ma in realtà non è così e difatti riesco a rapportarmi bene con quanti si ritrovino a interagire con me. Non cerco la considerazione altrui perché la sua genesi dev’essere spontanea, tuttavia spesso mi mancano delle cose in comune per dare corpo e ispessire il trait d’union: anche per questa ragione prediligo dinamiche e attività in cui non siano d’obbligo il mutuo sostegno né la reciproca partecipazione.
Non sono geloso della mia indipendenza emotiva poiché, a questo stadio della mia esistenza, io credo che sia inviolabile, ma proprio in virtù di questa sua natura adamantina non posso né voglio renderla sussidiaria a frasette di circostanza. Mi considero il portatore sano di un vuoto altrettanto salubre e me ne compiaccio, però apprezzo con sincerità le persone con le quali dialogo più di “frequente” e auguro loro il meglio di cui possano godere su questo pianeta.

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1
Lug

Dissertazione faceta sulla serietà moderata della mia illibatezza

Pubblicato giovedì 1 Luglio 2010 alle 02:07 da Francesco

Qualche giorno fa ho rincontrato per caso un vecchio compagno di giochi e l’ho salutato prima di accorgermi del suo passaggio all’età adulta, difatti si trovava con la compagna e la figlia neonata al seguito. Cazzo, non sono riuscito a trattenermi quando ho visto il passeggino e invece di complimentarmi per la nascita gli ho detto qualcosa che suonava più come una condoglianza: “Eh, ti è toccata! Che ci vuoi fare!”. Dodici anni fa io e questo tizio mettevamo le caccole sui pollici e le colpivamo con l’indice per bombardarci reciprocamente, bestemmiavamo a ogni piè sospinto e ogni tanto, prima di una serata davanti ai videogiochi, rubavamo qualche lattina di Coca Cola dal ristorante dei suoi genitori. Cazzo, mi dispiace che egli abbia procreato così giovane, difatti ha cinque anni meno di me benché io sia decisamente più infantile di lui. Ricordo ancora quando mi diceva: “Oh, io da grande faccio l’avvocato o l’attore porno”. Immagino che la prima carriera potrebbe ancora intraprenderla se decidesse di affrontare un quinquennio di giurisprudenza, ma sospetto che la seconda ormai gli sia preclusa. Dannazione. Durante l’adolescenza i miei conoscenti erano quasi tutti più giovani di me perché i miei coetanei inseguivano già le fighe. Ormai anche quei piccoli disgraziati sono cresciuti e si sono fatti irretire dalle passioni o da qualcos’altro che ne ha annientato lo spirito di un tempo. Io sono sempre la stessa persona, ho maggiore consapevolezza di me e conosco qualche data storica in più rispetto al passato, ma sono ancora un ragazzino segaiolo che sfrutta ogni occasione possibile per ridere senza freni di sé e del mondo che lo circonda. La sindrome di Peter Pan non c’entra nulla. Di gente immatura n’è pieno il mondo, ma io ho ancora il privilegio di conservare in me qualcosa d’infantile che paradossalmente mi ha permesso di crescere bene e continua a sostenermi sopra la coltre di mestizia nella quale spesso si rifugiano i cosiddetti adulti.
Una mattina della scorsa estate ho fatto impazzire il figlio di nove anni di un’amica di mia madre. L’ho battuto sul suo stesso campo e l’ho portato all’esasperazione con un armamentario verbale e facciale, però alla fine, dopo il piacevole spettacolo della sua disperazione, contro le indicazioni della madre, l’ho fatto giocare a Grand Thef Auto: Chinatown Wars e pare che si sia divertito a spacciare cocaina ed eroina mentre compiva omicidi su commissione per conto di Zhou Ming. Fanculo il metodo Montessori, se avessi meno tempo da perdere offrirei nuove teorie alla pedagogia. Comunque, a parte quest’ultimo excursus aneddotico, anch’io dovrei cominciare a guardare il gentil sesso da un punto di vista che non sia autoptico, ma c’è un’altra congiunzione avversativa che si frappone alla natura condizionale della mia intenzione: “Ma!”.
Insomma, di ragazze avvenenti ce ne sono molte e ogni anno ne nascono di nuove, ma io non ho mai conosciuto né incontrato una ragazza interessante o che io reputassi avulsa dalle banalità. In quanto affermo non incide il livello culturale, bensì la personalità e immagino che a ventisei anni per me cominci a diventare piuttosto improbabile la possibilità d’imbattermi in una ragazza che mi sia affine. La solitudine non mi pesa affatto e anch’io, per quanto ne so, le sto simpatico, perciò la preferisco ai rapporti che scaturiscono dal bisogno e dall’insicurezza, come per altro ho già avuto modo di scrivere e dire in altre sedi. Nel mio comune e nelle zone limitrofe non ho mai conosciuto qualcuno che abbia suscitato in me un interesse vivo. Infatuazioni, tutt’al più, mai partite da me, tra l’altro. Insomma, tutto ciò che ho scritto finora esemplifica in parte le ragioni per cui io preservo la verginità. Certa gente mi considera anormale perché non ho mai avuto una fidanzata né ho mai dato un bacio, ma io compatisco chi invece ha dovuto farlo per sentirsi in linea con gli obblighi virili. In me vivono paradossi che trovo fantastici. Sono disinibito, piuttosto libero, lontano dalla maggior parte delle costrizioni che spesso scaturiscono dal giudizio della collettività (o meglio, di una sua parte, quella trascurabile, per inciso) e tutto ciò lo considero più utile, prezioso e persino più simpatico di qualche episodio orgasmico. Beh, posso dire di essermi fatto con le mie mani, con la sinistra precisamente. È buffa la serietà che taluni attribuiscono a certe cose. Per la chiusa di questo appunto prolisso voglio allegare un video che reputo molto interessante. Nel filmato, precisamente dal cinquantunesimo secondo, Franco Battiato intervista Claudio Rocchi e quest’ultimo racconta una sua esperienza che a mio avviso merita un ascolto attento: io la considero una delle cose più interessanti tra quelle che ho udito negli ultimi tempi.

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