15
Ott

Per P.

Pubblicato martedì 15 Ottobre 2019 alle 17:51 da Francesco

Un po’ di tempo fa ho saputo che un hacker di mia conoscenza ha lasciato il corpo e così ho deciso di dedicargli ogni futuro ascolto di questi due grandi album di cui anch’egli era un estimatore.
Immagino che anche lui abbia avuto le sue contraddizioni, i suoi alti e bassi, come tutti, ma io lo ricordo solo come una figura di forte ispirazione nella mia adolescenza, una di quelle da cui ho intuito quanto la curiosità verso tutto lo scibile celi talora mondi interiori dalle profondità insondabili.
Per me la morte è solo un salto quantico, un passaggio di stato nella pletora dei multiversi, perciò auguro al grande P. un buon attraversamento del Bardo e una felice metempsicosi; e chissà non ci si ritrovi al prossimo giro di giostra nell’aion o nel kronos.

A un certo punto su “The Light Dies Down On Broadway” (quart’ultima traccia di “The Lamb Lies Down On Broadway”) Peter Gabriel canta:

”Is this the way out from this endless scene?
Or just an entrance to another dream?”.

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29
Ott

Il Bacio della Medusa a Perugia

Pubblicato giovedì 29 Ottobre 2015 alle 02:31 da Francesco

Ci sono state delle volte nella vita in cui mi sono sentito al posto giusto nel momento giusto e quattro giorni fa mi è capitato proprio questo. Ho guidato per duecento chilometri fino a Perugia in compagnia di me stesso e mi sono fermato vicino al teatro Bertolt Brecht nel quale sono poi entrato per assistere al concerto de Il Bacio della Medusa, un gruppo che io (e non solo) reputo di levatura mondiale nella scena del rock progressivo; attendevo da molto tempo un loro live e non mi sono fatto sfuggire la prima buona occasione di prendervi parte: per fortuna, aggiungo! Di costoro possedevo già i dischi in vinile, ma al termine dell’esibizione ho preso gli equivalenti in CD poiché credo che certa creatività vada supportata. Sul palco è stata eseguita per la prima volta Deus lo vult, un pezzo impegnativo, specialmente per la voce di Simone Cecchini che ha sottolineato questo particolare prima di toccare delle note piuttosto alte: performance superba, davvero esaltante! La proposta di questi alfieri della musica immaginifica è stata tratta dai loro tre dischi nella cornice di un’atmosfera incantata e, per quanto io ne sia stato coinvolto per tutto il tempo, devo ammettere che i momenti apicali per me sono stati i brani provenienti da Discesa agl’inferi d’un giovane amante. In alcuni momenti il flauto e il sax di Eva Morelli sono stati davvero ipnotici, come il piffero in una celebre favola tradotta dai fratelli Grimm! Grandiosa la sezione ritmica, con Diego Pietrini alla batteria (e non solo..) e Federico Caprai al basso; si è dimostrata coriacea nell’accompagnamento e incisiva negli assoli anche la Gibson di Simone Brozzetti! Spero di rivedere presto un altro concerto de Il Bacio della Medusa perché mi ha dato molto e credo che in quel teatro ne sia rimasto un segno.
Il concerto si è concluso con Amico di ieri, un pezzo de Le Orme che Il Bacio della Medusa ha suonato assieme ad Aldo Tagliapietra (quest’ultimo aveva prima eseguito dei brani da solo): mi sono goduto e ho filmato quell’inedita condivisione dello stage, lo stupendo finale di una serata magica le cui buone vibrazioni in me, ne sono certo, non si estingueranno a breve…

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1
Giu

Perle italiane

Pubblicato mercoledì 1 Giugno 2011 alle 14:13 da Francesco

Fatico a trovare musica italiana che mi piaccia, tuttavia ci sono ancora dei gruppi in grado di suscitare in me una profonda approvazione e in queste righe voglio segnalare due dischi per non essere troppo dispersivo, comunque è soltanto il secondo che reputo un capolavoro.
Il primo album è Il Più Antico dei Giorni dei Magnifiqat. Di solito non apprezzo il gothic metal, ma questa è una piacevole eccezione a cui non mi sottraggo. Il platter non contiene tecnicismi esagerati, scale supersoniche né tanto meno tutto l’ambaradan virtuosistico tanto caro a certi ascoltatori (come d’altronde lo è anche a me, talvolta), però molte tracce sono attraversate da un’atmosfera evocativa, onirica e malinconica, in cui compare un soprano in più di un’occasione a caricarle d’ulteriore intensità. Mi piace molto il cantato quasi sussurrato e trovo che si sposi benissimo con i pezzi strumentali. La mia traccia preferita è Diadema: delicatissima e solenne.
Petali di Fuoco è il secondo album a cui voglio tributare lodi per me doverose. Partorito da un gruppo progressive rock italiano che corrisponde al nome de La Maschera di Cera, il disco in questione è un susseguirsi di pezzi meravigliosi che fanno tornare la mente indietro di decenni, fino a rievocare i Museo Rosenbach, la Premiata Forneria Marconi, Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso, insomma la crème del progressive italiano degli anni settanta (la lista è ben più lunga!), tuttavia non ne sono affatto semplici epigoni, anzi, tutt’altro. Anche in questo caso si sprecano le atmosfere oniriche, ma qui il tasso tecnico è elevato, i pezzi sono più articolati come impongono i canoni del progressive rock e al contempo mi pare che scorrano benissimo. Tutto risulta orecchiabile e non scorgo virtuosismi fini a loro stessi, o quantomeno a me sembra che siano sempre a servizio della struttura dei pezzi anziché al soldo del narcisismo a cui talvolta certi musicisti si asserviscono. La voce di Alessandro Corvaglia è davvero notevole e mi ha colpito fin da subito, inoltre veicola testi che a mio avviso sono scritti bene. Insomma, “Petali di Fuoco” è un album che alla prima traccia mi ha fatto dire “ah, però” e dopo, dalla quarta in poi: “Me cojoni!”. Coadiuvato da opere del genere il mio morale è alla stregua del Barone Rosso, soltanto più difficile da abbattere. Non so scegliere una traccia sola come mia preferita, perciò ne segnalo due: Tra Due Petali di Fuoco e D-Sigma di cui purtroppo non c’è uno streaming sul web.

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13
Lug

Gli Yellowjackets, Mike Stern e Le Orme

Pubblicato domenica 13 Luglio 2008 alle 04:24 da Francesco

Qualche ora fa sono andato a Montalcino per seguire un evento della rassegna “Jazz & Wine”, ma non ho degustato neanche un vino dato che sono astemio e mi sono limitato a inebriarmi con il concerto degli Yellowjackets e di Mike Stern. Il live si è tenuto in uno scenario molto suggestivo, tuttavia per quanto riguarda il jazz preferisco l’atmosfera da club. Sul palco di Montalcino gli Yellowjackets si sono presentati con Russel Ferrante, Bob Mintzer, Marcus Baylor e Jimmy Haslip che l’anno scorso avevo già avuto la fortuna di vedere dal vivo assieme ad Allan Holdsworth, Chad Wackerman e Alan Pasqua. Il quartetto statunitense ha realizzato ultimamente un album con Mike Stern e da quanto ho sentito durante l’esibizione credo che le forze in campo abbiano realizzato un disco notevole, ma attendo di ascoltare attentamente il lavoro in questione prima di formulare un’opinione precisa. Mike Stern non figura tra i miei chitarristi preferiti, ma lo apprezzo molto e la sua prestazione mi ha esaltato più di quanto mi aspettassi. Una settimana prima di questo evento ho assistito a un concerto gratuito che Le Orme hanno tenuto a Civitella Marittima e di conseguenza ho avuto l’occasione di respirare l’atmosfera magica del rock progressive degli anni settanta. Il trio è stato eccezionale e mi ha stupito quanta energia riesca ancora a sprigionare dopo oltre quarant’anni dall’esordio. Michi De Rossi è un personaggio simpatico e goliardico, inoltre non perde un colpo dietro la batteria, ma sono rimasto estasiato principalmente dalla duttilità di Michele Bon che si è diviso per quasi un’ora e mezza tra la keystar, il synth e l’organo. Non conosco il sesso né le relazioni amorose, ma credo che certi fraseggi siano altrettanto intricati: sì, decisamente.

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