27
Apr

Per arrivare là dove pochi sono arrivati

Pubblicato mercoledì 27 Aprile 2022 alle 22:48 da Francesco

Ho guardato in differita il lancio della missione Minerva e ho provato una sana invidia verso Samantha Cristoforetti, forse la persona che stimo di più tra quelle con un passaporto italiano. Se fossi milionario mi getterei con anima, corpo e bonifici bancari verso il turismo spaziale.
Mi chiedo quanti segreti siano adagiati ancora sulla radiazione cosmica di fondo e cosa si annidi nei miliardi di sistemi dei miliardi di galassie che compongono l’universo “visibile”. Mi domando cosa proverei se mi fosse dato di atterrare su un omologo della Terra, se mio fosse il primo passo su un pianeta extrasolare. Forse taluni non si soffermano mai a riflettere in termini di grandezze cosmiche perché sono abituati a ingrandire le piccolezze a misura d’essere umano.
Le imprese della Cristoforetti mi fanno sempre pensare a quanta differenza intercorra tra lei e molti altri esseri umani, quali per esempio gli ubriachi della movida violenta, difatti secondo me c’è più distanza tra la prima e i secondi di quella che vige tra l’homo sapiens e lo scarabeo stercorario: io stesso mi rendo conto che se il mio voto vale uno il suo deve pesare almeno diecimila volta di più. In quale altra specie animale sussistono differenze così marcate tra consimili? Il potenziale umano è incredibile, però è parimenti disarmante la frequenza con cui viene vanificato e mortificato dai più, scrivente compreso. Quanto vorrei vedere la Terra da fuori, avere almeno la possibilità di compiere un volo suborbitale e volgere il mio sguardo verso un buio tempestato da luci vecchie di centinaia, migliaia, milioni, miliardi di anni. Se fossi in grado di viaggiare con il corpo astrale penso che mi procurerei un abbonamento mensile per provare in terza persona la relatività del tempo. Mi sento limitato, ma non calpesto quello che possiedo e mi accetto per come sono: chissà, un domani qui chiamato fine potrebbe aprirmi quella strada di cui ora soltanto vagheggio. Buona viaggio, Samantha.

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22
Apr

Sbatti il mostro in prima pagina

Pubblicato venerdì 22 Aprile 2022 alle 22:29 da Francesco

Di recente ho guardato con vivo interesse Sbatti il mostro in prima pagina, un film diretto da Marco Bellocchio che risale al 1972 e di cui forse avevo visto distrattamente qualche pezzo in televisione anni or sono. L’atmosfera è quella meneghina degli anni settanta con tutte le agitazioni che scuotevano la città lombarda e il resto d’Italia in quel periodo di grande fermento.
Immagino che l’opera nelle intenzioni dell’autore avesse un proposito di denuncia sociale o almeno la visione della stessa mi ha indotto ad attribuirglielo giacché i fatti narrati riguardano i rapporti di mutuo soccorso tra l’informazione e il potere, ma l’elemento che più mi ha avvinto è stato l’icastico cinismo con cui Bellocchio ha descritto tali legami.
Il protagonista è il direttore di un quotidiano nazionale, un uomo del tutto spregiudicato e senza scrupoli addosso a cui sbattono come contro un muro di gomma delle figure piuttosto diverse tra loro, figure che invero a mio parere nella narrazione acquisiscono un’identità proprio in termini oppositivi al primo: esempi in tal senso sono il giornalista per il quale esiste ancora una deontologia, la signora matura che intrattiene una relazione di dipendenza emotiva con un giovane attivista politico e la moglie dello stesso direttore alla quale il marito in una breve scena rivolge accuse di mediocrità.
Quest’interpretazione di Gian Maria Volonté mi ha confermato ancora una volta come egli resti uno dei miei attori italiani preferiti di sempre e mi ha fatto un certo senso confrontare questa sua prova con una altrettanto convincente ma dai tratti diametralmente opposti: mi riferisco al suo ruolo ne La classe opera va in paradiso, dove egli ha vestito i panni di un operaio ed è riuscito a dare conto di una crescente presa di coscienza sociale nella lotta di classe; un gigante.

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17
Apr

Né uova né sorprese

Pubblicato domenica 17 Aprile 2022 alle 01:35 da Francesco

Non mi affliggono le molteplici incertezze che pervadono i parti imminenti del presente e non chiedo ai giorni lontani di adottare delle speranze a distanza. Mi sento bene, sono sereno e condivido tutto questo con me stesso in ragione di un’abitudinarietà che considero una forza pristina. Il resto mi riguarda in misura marginale e cerco di non curarmene oltre quanto mi sia richiesto da certe incombenze.
Sto continuando ad alimentare le mie passioni come se fossero delle figlie predilette e riesco a crescerle da solo perché le mie sono attività individuali. Non cerco approdi né traccio rotte verso mete altrui. Vorrei completare alcune cose a un ritmo più spedito nonostante siano tutte a mio uso e consumo. Conto di reificare alcune idee e sul piano sportivo confido nella mia forma crescente, difatti gli allenamenti mi stanno dando delle belle soddisfazioni che intendo tradurre in qualche tempo certificato. Sono molto concentrato su di me perché sto molto bene in mia compagnia e di certo non me ne faccio una colpa. In queste prime ore di Pasqua non ho ancora sonno e quindi mi diletto a scrivere due righe per navigare a vista nella notte corrente.
Un tempo in occasione di questa festività solevo mangiare dell’agnello fritto e lo trovavo molto buono, ma oggi l’idea di quel cibo violento mi disgusta. Non rompo il cazzo al prossimo e non dico a nessuno cosa deve fare, ma io mi pento per tutta la carne che ho masticato. Non mangio più animali morti (né vivi) da diversi anni, ma sono riuscito a smettere solo a seguito di vari tentativi, precisamente dopo che vidi un macellaio intento a prepararmi della carne di coniglio; avevo già assistito a scene ben peggiori e malgrado ciò quel giorno, al cospetto di quei colpi ripetuti e insistenti, provai una compassione che fino ad allora non avevo mai provato neppure in una camera mortuaria.
Quand’ero piccolo mia nonna e mia madre mi somministravano un’alimentazione onnivora in buona fede, ma se tornassi indietro mi leverei dal piatto ogni singolo boccone di carne e pesce.
Io seguo le mie convinzioni, la Pasqua non mi appartiene e non sindaco le scelte altrui, perciò ognuno divori ciò che vuole, compresi i propri figli a mo’ del Saturno di Goya.

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7
Apr

Saldato un debito se ne fa un altro

Pubblicato giovedì 7 Aprile 2022 alle 16:58 da Francesco

Qualche giorno fa ho appreso che la Grecia ha saldato ogni debito con il Fondo Monetario Internazionale, per gli amici FMI, perciò la notizia mi ha riempito il cuore di eurobond.   
Della crisi greca ricordo in particolare la storia di un ex farmacista di settantasette anni, Dimitris Christoulas, che all’inizio del periodo fosco si recò in piazza Syntagma ad Atene e si sparò in testa. Così egli lasciò scritto: "Non vedo altra soluzione che questa fine dignitosa della mia vita, così da non trovarmi a cercare cibo nei bidoni della spazzatura".
Poi arrivò Syriza con a capo il prode Tsipras, ma alla fine il capitale ebbe la meglio con buona pace di Marx ed Engels. Eh, che ci vuoi fare, è la legge del mercato bellezza!
Gli appassionati dell’horror possono trovare un’applicazione letterale delle cosiddette manovre "lacrime e sangue" nella Grecia di quegli anni. Poi vi fu la rapida ascesa di Alba Dorata perché giustamente per i problemi complessi si cercano soluzioni semplici, quindi come sempre accade il tracollo economico fu accompagnato da fortissime tensioni sociali di cui il gruppo d’estrema destra si fece interprete.
Ricapitolando: i politici greci mentirono sui conti pubblici del paese, i politici europei imposero misure draconiane ai cittadini greci, altri politici greci promisero al popolo di opporsi alle misure europee, ma alla fine queste vennero applicate senza umanità con tanto di referendum inascoltato, ovviamente. Il sillogismo viene da sé, così come la naturale conclusione che votare non serve a una sega.

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