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Trentasei per dodici

Oggi concludo il mio trentaseiesimo giro intorno al Sole. Ne sono passati di sversamenti petroliferi negli oceani. Cosa è cambiato in questi anni? Forse tutto, forse niente. Cosa mi aspetto dall’avvenire? Nulla. Nel mio mondo è vietato l’ingresso alle speranze minori di quattro miliardi d’anni. Sono un po’ più vicino alla morte fisica, ma non ho fretta di lasciare il corpo. Guardo ai rimasugli di vita come se costituissero i tempi supplementari di una partita dall’esito trascurabile. Mi trovo in villeggiatura sulla Terra: ho un contratto a tempo determinato come cavia del ciclo di Krebs.
Non ho mai festeggiato il mio genetliaco, ma spesso in simili occasioni mi sono fatto dei regali tardivi e anche questa volta devo ancora scegliere cosa donarmi: forse il cadeau principale risiede proprio in tale indecisione, secondo una meccanica che ben inquadrò Sigmund Freud nelle paginette di “Al di là del principio di piacere”.
Non mi creo aspettative poiché di Godot non ho mai visto neanche l’ombra, ma posso farmi precedere da qualche proposito che mi auguro di raggiungere a tempo debito. Vorrei ispessire il mio centro di gravità permanente per renderlo davvero tale. Mi piacerebbe acquisire una maggiore padronanza delle tecniche di respirazione. Mi sentirei oltremodo realizzato se riuscissi guidare i pensieri più di quanto essi guidino me. Cose del genere.

Francesco

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