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Le paure e l’aggressività

Seguo le faccende di questa epoca sterile e decadente senza provare stupore alcuno. Cerco di essere impermeabile alle paure e alle frustrazioni che può veicolare un’esposizione prolungata alla cronaca quotidiana. Talvolta l’insicurezza s’insinua anche in chi non ha ragione di provarla e acuisce problemi di tutt’altro ordine. Non m’informo per senso civico, bensì per allenare la mente ad elucubrazioni spiacevoli; seppur in misura minore, faccio altrettanto con la visione di cadaveri e malati terminali senza rispondere alla morbosità e col solo scopo di vincere il mio disgusto per avere più padronanza di me. Non mi abituerò mai alle fotografie dei corpi divelti né ai filmati di torture e non per un principio morale, bensì per il ribrezzo spontaneo che mi suscita la morte violenta, quantomeno quella di un individuo innocente. Ho un approccio che va al di là del bene e del male, infatti le colpe sono figlie delle parole e di conseguenza con certe astrazioni si può giustificare qualsiasi cosa in virtù di un relativismo di comodo, ma io mi riferisco alla repulsa che provoca in me un corpo devastato da altri individui o da una patologia grave: è una reazione naturale che non mi sento di ascrivere interamente a ragioni culturali.
Penso che possa esserci una rara bellezza in un decesso pacifico e mi auguro che alla fine dei miei giorni io riesca ad essere abbastanza sereno da poterla sfoggiare al gran galà dell’obitorio. L’aria vibra di astio gratuito e ho la sensazione che non siano affatto pochi i frustrati in cerca di un appiglio per sfogarsi sul primo malcapitato. Dietro ogni manifestazione di violenza gratuita io vedo un disagio, però non sono cristiano e porgerei l’altra guancia soltanto se il caso mi desse l’intuizione di ribattere più fortemente con un atto del genere che in modo manesco.

Francesco

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