Non v’è nulla che mi sfiori nel tempo a cui appartengo e non ho parole in sospeso con nessuno. Resto negli ampi margini della vita che scorre, dove sono estraneo persino al senso di estraneità e quindi non ne subisco le implicazioni negative. Ho un vantaggio tattico su ogni forma di noia e mi considero fortunato, ma non so in quale regione della volta celeste splenda la mia buona stella e così non mi resta che ringraziare il cielo tutto. Non v’è specificità di sorta nei miei orizzonti immediati, come se fossero coperti dalla bruma del più pigro tra i mattini. Non sono un geometra e non ho progetti a lungo termine.
Da qualche giorno a questa parte non faccio altro che mangiare riso bianco e fagioli, un connubio che incontra il mio gusto corrente, tuttavia io di corrente dal culo non ne faccio poi molta e quindi l’attesa d’imponenti flatulenze è vanificata da pavide scoregge d’ordinanza: forse riuscirò a fare di meglio, forse. Ho una buona digestione, ma dubito che da fuori si noti e non so se abbia un peso sul curriculum vitae, ma di sicuro modifica quello sulla bilancia a mio beneficio.
Provo a immaginare quali inenarrabili casini accadrebbero se qualcuno potesse modificare a penna la costante della forza di gravità sulla Terra. Ogni mondo ha le sue leggi e così ogni microcosmo, ogni interiorità: io provo a osservare le mie e qualche volta cerco di riformarle. Mi chiedo dove sia finito tutto il tempo pregresso, in quale scarico fognario con allaccio diretto nel passato. Adesso sono qui, sto scrivendo, la mia coscienza me lo conferma e io non ho nulla da eccepire, tuttavia il presente a tratti mi risulta elusivo e non riesco sempre a sovrappormici: quest’ultimo suppongo che sia un problemino comune, simile ai disturbi di stomaco dei quali, come testé scritto, io non soffro. Posso vedere il bicchiere mezzo pieno e dissetarmici senza che abbia da temere un reflusso.
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