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Un respiro profondo (a narici alternate)

Ogni tanto il mio spirito d’osservazione mi ricorda quanto sia importante il controllo del respiro e come il giusto ricorso a quest’ultimo sappia scardinare le tante e possibili situazioni della vita quotidiana, però non lo definisco un segreto di Pulcinella giacché la maschera partenopea non si presta bene a una corretta pratica del pranayama.
Non amo molto quanti si prendano troppo sul serio, forse perché dubito che ami se stesso chi indulga in un’esasperata considerazione di sé e considero l’amor proprio una conditio sine qua per un principio di simpatia: alla fine dei conti nulla di ciò è affar mio e quindi posso gettare parole al vento senza pretenderne la restituzione completa o parziale. Non sono mai stato in dolce attesa, neanche quando da ragazzino avevo qualche chilo di troppo, perciò non ho aspettative e posso godere dei giorni che si avvicendano come se non avessero differenze. Mantengo la direzione verso una rotta ignota e navigo a vista soltanto quando ho gli occhi aperti, ma certe volte le intuizioni più profonde le colgo negli abissi onirici e purtroppo non riesco sempre a riportarle sopra la soglia della coscienza. Sarei ancora troppo legato a una dimensione carnale e fisica se usassi il Jolly Roger come bandiera per il mio vascello, perciò devo pensare a qualche altro simbolo col quale presentarmi al cospetto del nulla.
Non so quante avventure solitarie mi restino ancora da vivere, ma in me perdura qualcosa di primigenio, come se con l’età non avessi perduto l’antica innocenza di chi torna a vivere su questo pianeta. Non mi tuffo di testa nella metafisica d’accatto, nell’esoterismo spicciolo (dove la moneta serve come gettone per comunicare con un al di là interurbano), nelle frasette motivazionali o nei sincretismi pasticciati che hanno come scopo precipuo l’evasione da una realtà prosaica: la mia è una ricerca personale, inconcludente e simpatica, senza pretese né protesi egoiche. Intanto vado, poi vediamo.

Francesco

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