Colgo solamente una differenza di numeri tra lo Stato e il movimento anarchico, difatti entrambi sono portatori d’oppressione, soprusi e ingiustizie, ma almeno il primo conta su un’ampia maggioranza di complici, a differenza del secondo che annovera appena quattro gatti tra le proprie fila. Non esistono princìpi nobili né sante ideologie, ma solo convenienze che talora sono materiali e altre volte ideali. Scegliere le proprie lotte è come ordinare cibo spazzatura in un fast food. Nessuno combatte per gli altri, ma ognuno lo fa solo per se stesso e anche quando i di lui sforzi siano profusi per i suoi affetti egli usa essi come strumento e oggetto da santificare, così da trarne motivazione per sé e il proprio operato: di norma tutta questa farsa nelle sue varie declinazioni, e poco importa quanto in contrasto siano tra loro giacché possiedono questo tratto comune, viene ammantata con una retorica di sacrificio, di coraggio, di grande dedizione, pronta ad applausi di circostanza da chi sposi gli stessi inganni.
L’autenticità e la verità sono questioni personali che pesano troppo affinché le masse riescano a sobbarcarsele senza restarne schiacciate, ma il solo individuo può farsene carico in relazione a se stesso qualora davvero le ricerchi. Forse anche l’impegno autoreferenziale e solipsistico non può mai dirsi del tutto scevro da mendaci implicazioni, tuttavia credo che si trovi a un livello migliore nella scala dell’imperfezione e sia quindi fonte di emanazioni meno spurie. I dibattiti sono aritmie democratiche che fanno da contraltare alla tipica propaganda dei regimi, ma talora la ricalcano nella sostanza ancorché fingano di distaccarsene nella forma. Nulla è certo tranne la morte e la tendenza alla reciproca sopraffazione.
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