Categories: Parole

La quiete prima della tempesta o viceversa

Lascio il disincanto a briglie sciolte in modo che serpeggi ovunque e non faccio credito ad alcuna speranza. Prediligo la bicromia agli stolidi pastelli degli utopisti impenitenti. Ogni parola porta in dote i nascosti propositi del fraintendimento e deflagra insieme alle sue omologhe in discorsi che si esauriscono nei propri boati, in quel rumore di fondo a cui taluni attribuiscono i crismi del dialogo. Cosa c’è mai da ricordare che non valga la pena di lasciare in balìa della dimenticanza, inesorabile esito d’ogni cosa? Quale urgente domanda v’è da formulare che non sia destinata a rimanere orfana di risposta? Il logos si qualifica come pour parler e ogni cosmogonia è il riassuntino dell’eterno ritorno. In quanto essere umano sono chiamato a rapportarmi con le buone e le cattive maniere della specie, tuttavia posso provare ad affrancarmene nella misura in cui tale arbitrio sia permesso dalla mia volontà e questa, a sua volta, riesca a scavalcare un po’ se stessa. Il resto si presta perlopiù a frasi di circostanza e a circostanze sulle quali talvolta grava l’assenza di qualsiasi parola.
Per quanto paragoni e confronti siano possibili o accettabili, dal mio trascurabile punto di vista la fantasia è inferiore e subalterna rispetto alla realtà, difatti un adagio vuole che la seconda superi sempre la prima, ma le riconosco comunque un’utilità come strumento di (ri)creazione nell’effimera ora dell’esistenza. Ribadire simili ovvietà mi rasserena e mi fa apprezzare il sollievo per ciò che vado negandomi o al quale non conferisco il peso comune dell’altrui metro. Si rischia di scivolare e cadere su certe scale di valori, ma ne esistono anche di mobili sulle quali tutte le cose restano statiche fino ai rispettivi e inevitabili deperimenti.

Francesco

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