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Il quieto vivere nell’irrequieto esistere

Mi chiedo come mai i ciechi temano di restare al buio per la crisi energetica. Il buonsenso è schiavo delle libere elezioni, prigioniero nel più democratico dei sequestri. L’avvenire è un mosaico di incertezze su cui le crepe tendono ad allargarsi con pervicacia. In questo transito terreno viaggio per i fatti miei con qualche illustre gatto al seguito e diffido di chiunque mi si pari davanti. Per me il beneficio del dubbio costituisce già un’alta onorificenza che conferisco di rado. Appartengo alla cultura del sospetto e non credo a nulla, nemmeno alla verità, però riesco a ritagliarmi tanti bei momenti che celebrano la mia caduca esistenza. Non sono portato alla condivisione e non sono in grado di spendermi per nessun altro. Di rado può capitare che un volto muliebre evochi in me un vago desiderio di reciprocità e l’anelito di sensazioni tutt’oggi inedite, ma con sempre minore frequenza rispetto al passato e in ogni caso, quando ciò accade, lascio queste idee bislacche al loro puntuale deterioramento.
Credo che l’esistenza sia molto più semplice quando non si abbiano responsabilità verso terzi, al contempo può rivelarsi anche più arida e povera ma soltanto se l’individuo non abbia coltivato se stesso: sono scelte anche quando tali non paiono. Al netto della mia autostima, della quale certo non difetto, mi chiedo cosa mai una ragazza possa vedere in me che non sia un derivato delle sue arbitrarie proiezioni, un carico di aspettative per le quali io non posso garantire nemmeno l’imballo e difatti mi tengo alla larga da ogni equivoco, da ogni fraintendimento, da qualunque ambiguità di gesti e parole.
Masturbazione (per le pulsioni organiche) e sublimazione (per la componente affettiva ed emotiva) sono ancor oggi le vie regie, le strade maestre che seguo in nome di una proficua autonomia e so per certo come queste non siano percorribili da chiunque.
Ho una posizione di vantaggio rispetto a quanti siano ingabbiati in nuclei opprimenti od opprimano sé stessi giacché, non avendone ancora uno proprio, ne patiscono la mancanza. Preferisco essere prigioniero di me stesso piuttosto che ritrovarmi carcerato per l’altrui impegno. Mi conservo bene e spero che la mia sia una natura a lunga scadenza, non ho ambizioni di sorta e mi diletto nella quotidianità con quello di cui dispongo, perciò lasciò che vada da sé il mio rapporto con gli eventi, così com’è stato finora e come probabilmente continuerà a essere. Su tutto il resto discutano e decidano pure coloro che per me non esistono: a ognuno il suo.

Francesco

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