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Le solite mattanze

Da qualche parte nel mondo cadono ordigni e le pallottole viaggiano ad altezza d’uomo, altrove invece quegli stessi eventi gettano ombre che preannunciano scenari similmente distruttivi: in entrambi i casi v’è un crollo verticale e un effetto domino di cui le altrui esternazioni dànno conto in maniera più o meno diretta con o senza il concorso di una volontà cosciente.
La minaccia pende come una spada di Damocle e l’angoscia che attanaglia taluni s’ingenera dalla natura indecifrabile del pericolo, ossia dall’impossibilità di tracciarne una forma la cui attendibilità abbia i crismi dell’immediatezza: tutto è vago e opaco nei nembi prospicienti il golfo delle certezze, come se i primi fossero sul punto di fagocitare ogni caposaldo. 
Cosa si oppone a come si oppongono gli uni contro gli altri che a loro volta vedono terzi opporsi al loro opporsi? Non ne ho idea, ma dubito che in questo caso si possa fare affidamento su entità trine ed è evidente di per sé come in tali circostanze il terzo non goda, anche perché tertium non datur o almeno così sembra. Quello che è giusto differisce da quanto è opportuno o forse fa comodo pensarla così per alleggerire la coscienza e mantenere le luci accese senza rinunciare all’una né alle altre, quando invece taluni sono chiamati ad abdicare alla vita per le proprie idee e per i propri simili. Tutto o niente accanto a tutto e niente, ma così passa la gloria del mondo. Vi sono questioni più grandi di me sulle quali io posso confezionare solamente pensieri parzialmente riciclati, come in una sorta di economia circolare delle opinioni. Non si butta via niente tranne la vita. Adombrarsi serve a poco, ma può darsi che aiuti a compensare il pallore sebbene etica ed estetica siano intrecciate in un tutt’uno: un palazzo divelto e ancor di più un cadavere sfigurato dicono molto in questo senso con i rispettivi silenzi.

Francesco

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