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Di ovvie ipocrisie ed evenienze belliche

L’auspicio della cosiddetta pace incontra il mio favore, ma ritengo quest’ultima come in perenne subordine all’interesse personale di chi la sostenga. Su un certo piano non v’è distinzione tra chi spera nella fine di un conflitto per salvaguardare le proprie abitudini, i propri averi, le proprie certezze e chi, invece, condivide la stessa aspettativa per avvicinare il mondo alla sua visione dello stesso: in altre parole a me sembra che certe esternazioni procedano quasi sempre da meccanismi di identificazione e appagamento sebbene questi siano celati a livello conscio dalla pavidità in un caso e dall’ideologia nell’altro.
La parvente empatia verso i popoli in lotta è proporzionale all’insistenza con la quale le notizie vengono diramate e alla portata con cui le disgrazie altrui gettano un’ombra minacciosa sul proprio ordine delle cose, infatti poco sconcerto, apprensione e interesse destano i conflitti che si svolgono a certe latitudini, quasi come se i primi definissero le seconde e fossero endemici a certi inferni terrestri. Non scrivo codeste cose per indicare con stucchevole retorica l’ipocrisia imperante, bensì come mio costume mi limito a sottolineare l’ovvio affinché resti tale nella mia mente e non assuma le illusorie sembianze di cui sopra.
La solidarietà ha una matrice adattiva ed è l’arma in più di chi non ne voglia altre, ma nell’essere umano albergano millenni di sopraffazione e la mutua distruzione è una tendenza di cui forse la specie non si libererà mai. Può darsi che in capo ad alcune settimane o nell’arco di qualche mese la guerra si espanda dalle ex repubbliche sovietiche fino al cuore dell’Europa: chi lo sa? A me non piace l’odore della morte e non amo le città coventrizzate, ma prima di tutto ho in orrore queste cose perché me ne sento minacciato e solo in un secondo (per quanto immediato) tempo per un senso di viva partecipazione alle sciagure dei miei simili: talora l’onestà è brutale. Non so come mi comporterei se mi ritrovassi a imbracciare un fucile per proteggermi, tuttavia ho paura di quello che potrei diventare per combattere e di quello con cui poi dovrei convivere se riuscissi a non farmi ammazzare.

Francesco

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