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La muta degli accadimenti

Talora avverto in me una mancanza primigenia, ma non ho idea di come possa colmarla né se sia opportuno farlo. Nell’ultima decade la mia esistenza non è cambiata granché esteriormente, ma al mio interno si sono susseguiti degli sviluppi epocali.
Ho imparato ad andare al di là di certe dicotomie e ne ho preservate altre che secondo me hanno superato il vaglio del tempo. Tra dieci anni non mi vedo molto differente, ma non escludo che possa morire prima per le ragioni più disparate. Rispetto al passato riesco a godermi molti più momenti perché sono in grado di rallentare i pensieri. Non ho coltivato legami umani e mi sento equidistante da ogni cosa, ma non so ancora dire con certezza se abbia fatto bene a trascurare questo aspetto: il futuro me lo rivelerà. La mia natura non è solitaria, ma l’ho dovuta sviluppare e allenare in tal senso per questioni di forza maggiore: un po’ come un mancino che dopo un grande e costante esercizio sia diventato un abile destrimano. Immagino che anche molti oltre me abbiano fatto altrettanto con maggiore o minore riuscita.
Rispetto a qualche anno fa sono più forte, equilibrato e sicuro sotto ogni profilo, quindi ho speso bene il mio tempo, però non sono invulnerabile né tanto meno invincibile. Quello attuale lo reputo un periodo di spaesamento, tuttavia non mi fa né caldo né freddo. Gli eventi cambiano pelle. Non soffro di nostalgia e non mi domando cosa sarebbe accaduto in certi casi se io avessi preso scelte differenti, ma ogni tanto mi piacerebbe tornare al cospetto di certi situazioni per concedermi un altro giro di giostra.

Francesco

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