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Qualche Tomahawk in Siria

A differenza di altri io non nutro certezze granitiche sugli eventi di geopolitica. Qualche giorno fa non ero a Idlib, in Siria, ma a Grosseto per acquistare delle cialde al ginseng, quindi non ho assistito in prima persona all’attacco col gas sarin e quanto ho letto non mi ha fornito elementi sufficienti per comprenderne la paternità.
Bashard al-Assad ha il physique du rôle del dittatore novecentesco, Donald Trump invece mi sembra più una pop star al potere, ma il mio immaginario trova del buono in entrambi e quindi è un po’ come se fossi lacerato per la lite di due buoni amici. A dire il vero il mio leader prediletto nell’epoca attuale resta Rodrigo Duterte, ma questa è un’altra storia. Per me il solo guaio della guerra è costituito dalle vittime innocenti, ma non traduco questa banalità in un’accoglienza a braccia aperte per ogni disgraziato che s’incammini verso l’Europa, tanto meno per i cosiddetti migranti economici. Rispetto molto i curdi in quanto a differenza di altre etnie non scappano in massa, ma rivendicano un territorio che manco esiste sulle carte geografiche e combattono nel fuoco incrociato di Turchia, Siria e Daesh: persino le curde (sotto la sigla YPJ) affrontano gli uomini di al-Baghdadi e i jihadisti le temono in quanto la morte per mano di una donna nega loro l’accesso al paradiso.
Mi domando se l’iniziativa statunitense sia il principio di una rapida escalation verso la Terza guerra mondiale, magari con l’ausilio di armamenti nucleari; per Einstein la Quarta si combatterà coi bastoni e forse sarà l’occasione per riscoprirsi bambini ancorché orfani. Non parteggio per gli alti valori che traboccano dai trattati internazionali o dalle costituzioni, ma spero che l’Occidente prevalga e rivaluti i suoi nazionalismi europei per difendersi dalle ondate migratorie.
A me pare evidente come il ritrovato clima da guerra fredda suggerisca un revival degli anni ottanta, perciò sarà mia cura rivedere tutti gli episodi di Miami Vice e i tanti film che il machismo di Hollywood ha donato all’umanità.
La storia insegna quanto il limes sia importante, difatti l’Impero Romano cadde proprio quando tentò d’integrare i popoli barbari per affrontare il problema della natalità, ma è anche vero che essa tende a ripetersi. Non m’illudo che i confini attuali restino inalterati in saecula saeculorum, ma confido comunque in una loro longevità.

Francesco

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