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L’essere e il nulla di Jean-Paul Sartre

Più o meno ho impiegato un mese e mezzo per districarmi tra le settecento pagine de L’essere e il nulla di Sartre. Ammetto che quest’ultima lettura mi è stata facilitata da quella precedente di Essere e tempo di Heidegger, difatti tra le due vi sono molteplici punti di contatto.
A mio avviso il passo in più di Sartre vale l’investimento di tempo che ne richiede la sua analisi, ma per me questo non si traduce in un’acritica accoglienza delle sue dissertazioni. Apprezzo la ripartizione dell’essere in per-sé e in-sé nella misura in cui questa definisce la coscienza quale potenza “nullificatrice” in relazione alle cose del mondo: alle seconde viene sottratta la loro essenza per dare modo alla prima di rivestirle con i propri significati.
Da queste premesse, apparentemente facili e immediate, scaturisce un ginepraio ontologico che nonostante tutto ho trovato meno ostico di quello proposto in Essere e tempo, ma in parte ascrivo una tale differenza alla sbrigatività con cui Sartre esaurisce certi argomenti: egli non mi convince nella confutazione della morte come la possibilità più propria (con riferimento a Heidegger). A non soddisfarmi v’è poi la questione della nascita (a pagina 631) in quanto Sartre nega che valga un’espressione come “io non ho domandato di nascere” e la deride con una spiegazione di poche righe che a suo dire rimanda alla "fatticità": senza vedervi contraddizione ho comunque cercato di trovare (infruttuosamente) un nesso tra quest’idea e l’accento che egli pone su come l’essere sia sì libero, ma non libero di essere tale. Può darsi che abbia perso qualche pezzo per strada e non escludo che mi manchi un’adeguata elasticità mentale, ma per me le suddette questioni restano delle zone d’ombra e sanno d’incompiuto, quantomeno nelle pagine de L’essere e il nulla.
Onestamente non ho un retroterra culturale che mi consenta d’immergermi nell’ontologia, non ne sono all’altezza e lo riconosco, però ne ho lambito i confini affinché potessi farmi un’idea della tensione intellettuale che ha indotto certuni a occuparsene.

Francesco

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