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Spostamento verso il rosso (redshift)

Un tempo le pareti della mia stanza tacevano e arrossivano a causa della timidezza, ma poi il loro colore si è fatto sempre più intenso grazie allo spirito di emulazione per le supergiganti da almeno dieci masse solari: il silenzio invece è rimasto sempre uguale, cosmico anch'esso, ed è solo il mio modo di percepirlo che è mutato nel corso delle sfumature anzidette.
Talvolta le mie carni si fanno nottivaghe e s'illuminano (in realtà vengono illuminate) dalle luci arancioni che fin dal tardo pomeriggio reclamano uno spazio nell'oscurità, come chiunque altro dai suoi primi vagiti e da tutto il resto che poi da lui (e in lui) albeggia irrimediabilmente.
Mi sottopongo a qualsiasi grado di giudizio, nelle sedi opportune, in quelle che sono già andate a fuoco e dove un principio d'incendio è quantomeno possibile. In certi momenti vivo come se la realtà circostante fosse fatta di cartongesso e mi lascio cullare dall'idea della fine (che fine non è, né l'idea né la fine in sé) o forse sono io che l'accarezzo poiché mi è ancora possibile farlo.
In me pulsano intuizioni fortissime. Ho anche slanci di spensieratezza che ridimensionano tutto l'apparente sussiego di cui mi rendo colpevole, ma sono anche innocente fino a prova contraria, ovvero quella per cui ogni cosa ricade nel suo opposto: enantiodromia.
Azioni, parole, esperienze o un immobilismo incompiuto, che rasenti lo stato vegetativo e lasci sfogare i bambini (il proprio puer), non come i muscoli striati che sono strigliati dalla volontà: a ciò riduco l'esistenza e non mi pare poco. Già da stamane col rosso di sera…

Francesco

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