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Senza spargimenti di sangue

Ieri pomeriggio, dopo la riesumazione del cadavere di Giorgio Napolitano, mi sono recato nella capitale per prendere il polso della situazione in prima persona, senza filtri. Ho lasciato l’auto ai margini della città e mi sono mosso con la metropolitana. Lungo la strada per Montecitorio mi sono unito ad un gruppo di attivisti del Movimento Cinque Stelle, gente del frusinate alla cui testa v’era un ragazzo con una bandiera del movimento che incitava tutti a seguirlo; quando l’ho sentito gli ho detto: “E annamo va!”.  Strada facendo altri ragazzi si sono accodati e nel giro di pochi minuti siamo arrivati davanti alla porcilaia, al cospetto dell’obelisco di Psammetico II, il cui vertice a mio avviso dovrebbe ospitare i culi di buona parte dell’arco parlamentare.
Per un paio di ore molti hanno atteso che Beppe Grillo giungesse a Montecitorio, ma ad un certo punto un tizio mi ha chiesto di memorizzare un numero di cellulare e di ripeterglielo poiché aveva un problema con WhatsApp, così ho assistito alla chiamata e ho appreso da lui che Grillo ci aveva ripensato per motivi di sicurezza. In effetti ho immaginato che se il suddetto si fosse presentato anche l’Italia avrebbe dovuto aggiungere una festa nazionale simile al quattordici luglio francese e, invero, io contavo proprio su questo: in parte credo che sia stata un’occasione mancata. Nel corso della sera ho parlato con un po’ di persone, tra le quali un deputato del Movimento Cinque Stelle, mio coetaneo, che mi ha lasciato un’ottima impressione. Ovviamente tra i presenti non sono mancati gli squinternati e il passaggio di alcuni personaggi pubblici ha prodotto momenti goliardici. Indossavo una maglietta di Antigua, con un teschio e delle spade, perciò qualcuno mi ha scambiato per un membro del Partito Pirata (al quale comunque guardo con curiosità) e alla fine ho incontrato un tizio vestito da bucaniere che ne fa davvero parte, perciò gli ho chiesto una foto insieme: chissà che in futuro non si riveli un’immagine profetica.

Ad un certo punto ho sentito i morsi della fame e l’impellenza della vescica, così ho socializzato con dei debosciati, gente simpatica, sempre disposta a condividere cose che tuttavia io non ho mai usato né cercato e in cui vedo solo conformismo, ovvero droghe, alcolici e presunti ideali. Sono andato a mangiare un pezzo di pizza con costoro e, una volta rifocillatici, abbiamo saputo che s’era formato un corteo. Nelle vicinanze del Quirinale siamo arrivati da soli a ridosso di un cordone della polizia e io ho preso a intonare la canzone dell’Armata Brancaleone appena un maresciallo si è mosso in controtempo rispetto ai colleghi, esibendosi in un movimento davvero goffo. Uno dei quattro ragazzi era ubriaco fradicio, teneva in mano una bottiglia di Peroni e ogni tanto chiamava al cellulare un suo amico che era nel corteo e che ci doveva dare indicazioni precise su come raggiungerlo. Abbiamo girato a vuoto come degli stronzi e in questo lungo peregrinare abbiamo incontrato un prete davanti ad una chiesa. Ho fatto il segno della croce al sacerdote e gli ho detto: “Ego te absolvo!”; chissà se poi ci è andato a puttane! Una volta raggiunto il corteo c’è stata un po’ di tensione, però nulla di che. Divertito ma un po’ deluso ho lasciato Roma verso l’una di notte. Non che avessi bisogno di conferme, ma ho capito che non cambierà mai un cazzo fino a quando non vi sarà un sano ricorso alle armi e io purtroppo sono già impegnato con la mia rivoluzione interiore, l’unica che m’interessa davvero.

Francesco

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