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Serata leggendaria di progressive rock italiano

Sabato mi sono recato nel viterbese per assistere ad una manifestazione di progressive rock italiano che è durata quasi sei ore. Sul palco si sono alternati nomi importanti per il genere, ma ci è salito anche Paul Whitehead, un disegnatore che ha creato copertine storiche per gruppi come Genesis e Le Orme. La serata è stata un crescendo continuo e diverse formazioni hanno celebrato il quarantennale di qualche caposaldo delle loro discografie. Io mi sono esaltato molto più di quanto mi potessi aspettare e per qualche ora ho avuto la sensazione di trovarmi in una successione di momenti che s’è già cristallizzata nella mia memoria. Forse in queste righe rischio di non riportare l’ordine corretto delle apparizioni, però sono certo di tutto quello che mi hanno lasciato. Gli Analogy sono stati i primi a suonare, tuttavia non avevo mai ascoltato nulla di loro. Da quanto ho capito hanno proposto i pezzi del loro album omonimo del settantadue, dato che i membri, in parte italiani e in parte tedeschi, dopo l’esordio hanno preso strade diverse e dalle ceneri della band sono nati gli Earthbound in Inghilterra. A me sono piaciuti sebbene non mi abbiano fatto gridare al miracolo e provvederò a recuperare il loro debutto discografico.
Ho accolto con moltissima curiosità l’esibizione della Nuova Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, storico gruppo di Roma che conserva soltanto un membro della formazione originale, ovvero il vocalist. Se qualche appassionato mi leggesse potrebbe tacciarmi di blasfemia, però in qualche acuto di Luciano Regoli io ho risentito Ian Gillan! Mi sono piaciuti gli inserimenti del soprano e in generale non c’è nulla che mi abbia fatto storcere il naso: ottima prestazione.
Sono poi giunti gli UT, l’anima prog dei New Trolls, e hanno ricevuto una grande risposta da parte del pubblico, me compreso. Lo stile di Claudio Cinquegrana alla chitarra mi ha davvero esaltato, ma anche le parti vocali eseguite da Alessandro Del Vecchio hanno contribuito molto a farmi apprezzare lo spettacolo e, ovviamente, le fughe del leggendario Maurizio Salvi.
Da un mostro sacro all’altro: dopo Salvi le tastiere sono state protagoniste sotto le mani altresì mitologiche di Joe Vescovi, leader dei Trip, con i quali è risalito sul palco Fabrizio Chiarelli (questa volta alla chitarra e alla voce) che aveva suonato poco prima con gli UT (ma al basso e alla voce): insomma, doppio turno per questo giovane esponente del prog italiano: complimenti. La serata ha dato anche modo di salutare Jon Lord ed è stato proprio Joe Vescovi a ricordarlo. Uno dei miei momenti preferiti è stato quando agli Osanna (che hanno preso posto dopo i Trip) si è aggiunto il grandissimo Gianni Leone de Il Balletto di Bronzo la cui sola esibizione sarebbe valsa il costo del biglietto: io l’ho filmata e me la sono goduta! Devo anche sottolineare la prova straordinaria del giovane chitarrista degli Osanna che ha citato alla grande l’assolo di Stairway To Heaven, un’idea davvero riuscita: spettacolare!
Questa fantastica maratona ha avuto il gran finale con il Banco del Mutuo Soccorso. Prima di prendere posto, all’entrata, ho incontrato Francesco Di Giacomo, però non gli sono andato a rompere le palle e gli ho semplicemente rivolto un cenno di apprezzamento. Comunque non c’è molto da dire sulla performance del Banco perché ogni parola è scontata. Ho sentito i pezzi che mi attendevo dai miei album preferiti, in particolare da quel Darwin! che porta benissimo i suoi quarant’anni. Udire dal vivo pezzi come L’evoluzione, E 750.000 anni fa… l’amore, Io sono nato libero e Cento Mani, Cento Occhi mi ha fatto un certo effetto…
Per me è stato un viaggio onirico e solitario nel tempo, in quegli anni settanta che hanno visto il concepimento di dischi ai quali io mi affido tanto nei momenti migliori quanto nei periodi funesti. Quando sento i pezzi della Locanda delle Fate, de Le Orme, del Banco del Mutuo Soccorso, dei Metamorfosi o del Museo Rosenbach, mi sembra quasi che si rivolgano a me, come se più che un ascoltatore io diventassi un interlocutore. L’elenco dei gruppi sarebbe biblico: in ogni caso ho un grande debito nei confronti del progressive rock italiano. Ci sono generi che ascolto nella stessa misura o anche maggiormente, alcuni mi aiutano addirittura a correre più di quanto potrei fare con le mie sole forze, tuttavia il rapporto d’intimità che ho con il progressive rock è unico. Alla fine del concerto, prima di rincasare ho passato un po’ di tempo ai banchetti e finalmente ho trovato il vinile de Il Tempio delle Clessidre, una giovane band di Genova (con un “ragazzo” della vecchia guardia alla voce) a cui auguro tutto il bene possibile e della quale ho scoperto il talento in un altro grande concerto alla Casa del Jazz di Roma, quando ho avuto l’occasione di vedere dal vivo anche la Locanda delle Fate.

Sono rincasato tardi e felicissimo, con le orecchie affaticate ma ancora pronte ad ascoltare altra roba lungo il tragitto. Mi sono addormentato benissimo, ma forse devo ancora svegliarmi, o no?

Francesco

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