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Pantoclastia platonica

Mi diverto ad accartocciare le mie convinzioni, così scongiuro il pericolo di identificarmici e non ho l’obbligo di sottoscriverle in una calce acritica. Non m’interessa la peculiarità della mia persona e non sono talmente sciocco da volerne conseguire una per spiccare nel ballo in maschera, bensì a me preme di non farmi traviare da idee assonanti con le mie inclinazioni naturali.
Non devo diventare ciò che trovo inviso, compreso lo sguardo con cui lo fulmino… Siano ben più plastiche le castronerie che mi s’intrufolano nell’anticamera del cervello con lo scopo precipuo di pisciare nell’androne. In questo periodo io mi sento tremendamente bene e d’altro canto come potrebbe essere il contrario? Se dipendesse da me offrirei all’estate un bel contratto a tempo indeterminato benché le altre stagioni non mi dispiacciano. Le temperature alte mi permettono di godere del mare che bagna l’Argentario ed è solo per questa ragione che ne gradirei molto il prolungamento. Immagino che soltanto in un quadro così favorevole potevo liberarmi dei troppi sedimenti che s’erano venuti a creare in me con talune opinioni, prima maturate e poi marcite. L’introspezione mi concede ancora scoperte a cui, con somma arroganza, manco immaginavo di pervenire. Insomma, ho sempre da imparare, da me. Ci sono stati dei momenti in cui mi sentivo così pago dell’autoanalisi che non riuscivo davvero a scorgere ulteriori sviluppi in quest’ultima e di conseguenza per un po’ di tempo mi sono adagiato sugli allori. Penso di saperla sempre più lunga di me, però sono ancora in grado di cogliere l’occasione per redarguirmi: ah, sono così autoreferenziale per ragioni di forza maggiore.

Francesco

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