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In vista di nuove introspezioni

Di tanto in tanto m’interesso alle questioni nazionali e globali, ma non riesco sempre a capirne il motivo. Probabilmente ho un po’ di senso civico che subisce le stimolazioni dei bombardamenti mediatici, ma ipotizzo che anche un certo grado di empatia concorra a dirigere la mia attenzione verso talune tematiche. Sono ancora giovane, però nel migliore dei casi potrei vivere per altri sessant’anni e dubito che in quest’arco di tempo avrò modo di fare figli, di conseguenza potrei fregarmene completamente delle sorti di questo pianeta; allora cos’è che mi spinge a sentire un certo disagio dinanzi al suo disfacimento? Forse è il senso di colpa per lasciare in disordine un luogo in cui sono stato ospitato: diamine, un po’ di creanza! Ovviamente porre l’interesse su certi argomenti non produce in modo automatico un mutamento nei medesimi, tuttavia la presa di coscienza la reputo già qualcosa, specialmente quand’essa vada a sommarsi a molte altre.
La storia ha bisogno di tempo sia per cambiare il proprio corso che per ripetersi, ma la durata di una vita umana spesso è troppo breve per assistere alla chiusura dei cerchi. Può condurre alla pazzia la ricerca di un senso per le disuguaglianze ed è anche per questa ragione che io metto un freno alla mia empatia. Immagino che nel desiderio di un mondo migliore si annidi anche una speranza di accrescimento personale, come se quest’ultima necessitasse di un mascheramento quasi filantropico per farsi accettare all’interno di certe sensibilità: io mi reputo troppo lucido per imbellettarla e così l’accolgo nella forma di un egoismo illuminato.

Francesco

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