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Dalla mia parte

Sono il testimone disinteressato di un’epoca decadente, ma non mi lascio contagiare dal tenore della cronaca né dalle esperienze oniriche. Mi difendo dall’afflizione su due fronti: quello esterno e quello interiore. Da parecchi mesi non riesco a ricordare i miei sogni, ma quasi in tutti i risvegli trovo residui di mancanze affettive. Sono abituato a rinvenire tracce del genere nei miei pensieri e nelle mie azioni, ma ormai ho abbastanza perizia per maneggiarle senza farmi male.
Rassicuro sempre l’inconscio che quell’assenza non durerà ancora molto, ma evidentemente egli non mi crede più poiché glielo ripeto da quindici anni e di conseguenza scalcia dove può, ovvero nella psiche, quando la lascio aperta sul cuscino, di fianco alla calma. Se io fossi più stupido del necessario probabilmente lascerei a briglia sciolta le inquietudini consequenziali e mi forzerei a stringere una relazione insincera pur di chetare i moti del profondo, però sono dispettoso e non immolo l’autenticità per un armistizio. Non guardo la clessidra, anche se con tutta la sabbia che mi è caduta addosso è difficile che qualcuno possa scovarmi: dovrebbe scavare molto a fondo. Le impressioni che mi giungono da qualunque ambito per me sono delle frecce avvelenate, però hanno traiettorie prevedibili e di conseguenza non sono difficili da evitare. Esercito l’attenzione e preservo la mia lucidità, ovvero la regina madre. Non traduco le opinioni apocrife, tatuate nei crani dalla pochezza anziché dalla volontà di comprendere. Sono accampato al margine di una dimensione quasi solipsistica, tuttavia godo di un colpo d’occhio che sovrasta le bassezze altrui. Curo i miei interessi tra ostacoli alterni, tra parole indefinite come queste e azioni ripetitive che non mi alienano. Ho un potenziale, forse sprecato: a tempo debito ne farò un monumento, un po’ come l’arsenale dismesso di una repubblica che è stata a lungo sotto l’influenza sovietica; in me impera l’amor proprio, malgrado le sacche di resistenza…

Francesco

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