Se cercassi d’emulare la voce fuori campo di un filmato dell’Istituto Luce probabilmente esordirei così in queste prime righe: “Intrepide e consce dell’arduo compito a cui sono state chiamate, le copie del mio terzo libro sono decollate alla volta delle case editrici. Pronte all’estremo sacrificio, esse non si mostreranno pavide dinanzi ai crolli verticali nei cestini qualora non dovessero riuscire a conquistare un contratto editoriale”. In effetti da ogni stampa si possono ricavare ottantacinque aeroplanini di carta a cui imprimere l’esuberanza che contraddistinse D’Annunzio sopra Trieste. Forse, più realisticamente, le copie del mio terzo libro sono partite per fare un buco nell’acqua come alcuni kamikaze che durante il conflitto nel Pacifico partivano dal suolo nipponico e finivano per mancare le portaerei del generale MacArthur. Comunque l’editoria sta affondando da sé, perciò non occorre che io colpisca chicchessia.
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