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Carinerie per me

Manca poco più d’un mese all’avvento dell’autunno e la mia estate si appresta a concludersi nel modo in cui avevo immaginato che si sarebbe svolta prim’ancora che subentrasse ufficialmente alla primavera, ovvero afosa e solitaria. Ho trascorso periodi migliori, però ne ho avuti anche di peggiori e quindi gli ultimi mesi per me sono stati senza infamia e senza gloria. Non ho nulla in cui identificarmi né tanto meno possiedo il cinquanta percento d’una confidenza con chicchessia. Qualche volta mi sorprendo d’avere ventisette anni, tuttavia mi auguro di viverne almeno altri settantatré in piena salute. Io mi adoro e ho molto riguardo nei miei confronti.
Sono stato cresciuto con l’idea che una persona esista e si realizzi solo nel caso in cui riceva qualche tipo di riconoscimento dai suoi simili, ma l’accettazione da parte degli altri per quanto importante non può costituire il senso di una vita. Non ho mai ricevuto una lezione così basilare a scuola, fucina di sconfitti e frustrati, ma d’altronde un simile insegnamento è difficile che possa tenersi al di fuori dell’autodidattica. Mi sforzo di bastare a me stesso, però al contempo cerco di non abituarmici e tramite questa violazione del principio di contraddizione riesco a pacificarmi. Ogni tanto mi presento con il berretto tra le mani al cospetto del mio Ego che puntualmente mi rimbrotta: “Amare è di fondamentale importanza!”. Io per l’occasione mi guardo sempre intorno e con un’espressione bonaria replico: “Oh capo, e che non lo so? Però è un cazzo di casino!”. Alla fine risolviamo tutto senza i trigliceridi dei tarallucci e facendo a meno anche del vino che di solito accompagna i primi, difatti entrambi siamo astemi. Tutte le volte ci salutiamo con qualcosa del genere: “Dai, allora ci aggiorniamo quando i tempi saranno maturi, magari prima che fiorisca il nostro nome sopra il registro di un obitorio”.

Francesco

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