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Una rotula per nemica

Il ginocchio destro ha ricominciato a darmi qualche problema, perciò consulterò il mio medico per risolvere definitivamente la questione. Purtroppo la terapia a base di bestemmie non ha dato i risultati sperati. Posso camminare, ma non posso correre per più di due chilometri e nel calcio a cinque non riesco a compiere quei movimenti innaturali di cui è difficile fare a meno nel corso di una partita. Il prossimo inverno non riuscirò a decollare per l’amato Oriente e resterò in patria, a disposizione della pubblicità nostrana. Trovo che quest’estate sia meno idilliaca di quanto mi aspettassi, però l’accetto così com’è e non pretendo che cambi. Non ci sono sempre momenti favorevoli e la loro assenza talvolta ne preludia il ritorno in pompa magna.
Mia madre m’invita a coltivare un presunto talento letterario: io le rammento sempre che la mia dote migliore consiste nel vergarmi il cazzo per contenere le mancanze affettive. Se dovessi mai scrivere un quarto libro, e ciò potrebbe accadere anche a breve, di certo non mi cimenterei più con le dinamiche del romanzo, bensì mi atterrei allo stile saggistico. Non ho grandi idee e dubito di averne mai avute, inoltre ciò che avevo da scrivere per scopi introspettivi l’ho già messo nero su bianco, però non escludo d’intraprendere la via suddetta prima o poi: mai, sarebbe meglio. Parteciperò a qualche concorso letterario del cazzo per fornire a mia madre la prova di come i miei scritti non possano valicare il carattere autoreferenziale che ne ricopre ogni singola parte. Ho progetti più grandi che prevedono uno zero verde e altri trentasei numeri, divisi in rossi e neri come nel dualismo anacronistico che ancor oggi avvolge svariate menti. Io invece l’unico segno che apprezzo è quello della croce che si fanno i parenti dei politici quando partecipano alle esequie dei loro cari: oh, sarebbe davvero divertente se qualcuno in natura legiferasse sulla morte e vi contemplasse una sorta di legittimo impedimento. Io ad esempio non vorrei mai essere stroncato sulla tazza del cesso, con un bello stronzo a metà tra il culo e la meta finale.

Francesco

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