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Telegrafiche asserzioni di transizione

Passeggio nei dintorni del mio comune e ho sempre a disposizione uno sguardo disincantato da ricambiare verso chiunque mi rivolga il proprio, tuttavia i miei occhi non contengono mestizia né sono iniettati di sangue. Calmo, muovo il lento passo e nulla chiedo. Non mi aspetto mai incontri importanti e risolutivi, bensì chilometri d’indifferenza e quiete. Sciabolo il tempo nella disparità e involontariamente le coppie assortite nei modi più disparati mi ricordano il mistero delle collisioni labiali. Colate di musiche sublimi scendono nel mio udito e ammantano d’ulteriori suggestioni la realtà circostante: stringo incantesimi filodiffusi. Certo della puntualità lunisolare, non mi allarmo per gli apparenti ritardi dell’alba e del tramonto. Io ho un cuore grande e deserto come Giove, e chi dovesse mai atterrarci finirebbe per pesare più di quanto sia comune per i canoni terrestri.

Francesco

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