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Il primo equinozio dell’anno

Accolgo la primavera con piacere e mi auguro che la sua permanenza si protragga più del necessario. Questa stagione evoca fantasie appassionate e flette i desideri verso l’amore erotico, perciò non influenza la mia vita. La mia verginità perdura e continua a rappresentare una delle araldiche che popolano la roccaforte della mia personalità. Sulle alture dei miei giorni solitari rivendico la volontà d’amare completamente e respingo ogni agguato aleatorio che provenga dalla mercificazione dei sentimenti. Oggi come ieri non so cosa sia un bacio, ma la mia inconsapevolezza lo rende un gesto memorabile nei limiti della mia sfera individuale. Difendo l’autenticità dei miei sentimenti a spada tratta perché non voglio diventare uno schiavo del malessere. Sono il dignitario della mia capacità d’amare e irrido le elemosina della mera carnalità. Gioco a carte scoperte e sono pronto a perdere le occasioni della giovinezza qualora un legame artefatto sia l’unica alternativa. Sono libero perché non temo il tempo e la mia condizione mi consente di provare dei sentimenti veridici. La mia tenacia non tende alla misantropia come presumono taluni, ma spiana una strada tortuosa che potrebbe restare deserta per sempre: non temo questa evenienza perché l’ho già messa in conto ed è questa consapevolezza che alimenta il mio vigore sentimentale. Sarei un vile e diventerei un servo della superbia se confinassi la mia felicità nelle dimensioni del mio equilibrio solitario.

Francesco

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