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L’amore e le sue cinque lettere

Ho soppesato con molta cura le parole che compongono questo scritto e voglio che rimangano immobili per un po’ dato che le ritengo fondamentali. Viaggio con la mente sotto lo sguardo vigile di Ermes e talvolta un manipolo di doganieri metafisici controlla i pensieri che trasporto. Mi sembra che le azioni del mondo siano programmate con un codice binario che si basa sulla presenza d’amore e sulla sua assenza. Penso che nessuno possa illustrare a qualcun altro i meccanismi emotivi che talvolta prevalgono persino sullo spirito di conservazione, ma ritengo che gli schemi della sensibilità appaiano in una maniera impercettibile sulla pelle e immagino che possano essere compresi solo da chi li porta su di sé. Le parole non possono tradurre qualcosa di ineffabile e ogni tentativo in questo senso mi sembra un modo per lenire le ferite del tempo. L’amore è più potente del denaro e di ogni pulsione sessuale, ma circola di meno rispetto agli ultimi due e credo che la sua scarsa diffusione fino a questo momento storico sia anche uno dei motivi che lo rendono più pregiato di ogni aggettivo. L’amore è inamovibile e suppongo che non sia un’invenzione dell’uomo, ma penso che preceda l’avvento di quest’ultimo e ritengo che possa oltrepassare l’eventuale estinzione di chi lo veicola. Non mi riferisco all’amore divino né a nulla di simile, ma le mie parole contemplano un amore carnale che unisce qualcosa di trascendentale e totalmente estraneo a ogni fantasticheria dogmatica. Ho cercato a lungo qualcosa di più elevato dell’amore, ma non ho mai trovato nulla di simile che non fosse un modo per aggirarne l’assenza. Non mi convincono le scelte ascetiche che nascono dalla tradizione o dalle convinzioni che millantano un fine superiore, ma non nego la bellezza estetica della loro perseveranza. Quando due corpi si uniscono su un principio inespresso assomigliano a due viandanti che si dirigono verso un ricordo amniotico. L’amore materno è il preambolo di un legame più forte che non tiene conto della consanguineità e per questo motivo credo che la forma pura di amore sia destinata a un individuo complementare anche se una motivazione istintuale lascia credere che la figliolanza abbia sempre la priorità. L’amore è inattaccabile, ma la sua rappresentazione subisce continuamente le offese della banalità ed essa stessa è un’ingiuria poiché cerca di dare una forma a qualcosa che non può essere intrappolato nelle dimensioni o nei concetti a meno che non si voglia ridurlo a un’abitudine quadrata. Ammiro chi risiede a uno dei due capi dell’amore e stimo chi accetta ciò che si trova in mezzo alle due estremità nonostante sia lontano e isolato in uno spazio vuoto. Ignoro chi vuole alfabetizzare l’amore e in parte provo indifferenza per i miei sforzi esplicativi.

Francesco

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