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La pace autodidattica

La mia routine è costruttiva e procede senza impedimenti. Ogni tanto scambio qualche parola trascurabile con un interlocutore casuale, ma di rado converso seriamente con qualcuno. Non mi interessano molto le opinioni, ma apprezzo alcuni modi di esprimerle. Vivo con calma e paziento senza un fine. Ignoro volontariamente certi rumori e tra questi annovero anche delle voci umane. Rinuncio serenamente a ogni offerta deleteria e non mi preoccupo del vuoto che impera all’altezza del mio cerebro. Talvolta mi siedo sul divano tra due diavoli e guardo assieme a loro le tragedie dei loro subalterni. Cambiano i modi di dire, mutano le stagioni, si alternano le mode e gli assassini in voga. I fatti di cronaca nera illuminano gli aspetti più torbidi dell’essere umano e le macchie di sangue mettono in risalto l’efferatezza delle violenze più eclatanti. Un clima di tensione alza l’audience e distribuisce a ogni telespettatore affabile un senso profondo di partecipazione mediatica. Non applaudo più alla ricerca continua e forzata della teatralità, ma tento di concentrare tutta la mia deconcentrazione in una dormita salutare. Sulle mie espressioni facciali può sembrare che si trovi l’ombra di una depressione incipiente, ma questa impressione è errata poiché i miei tratti somatici riflettono solo il desiderio di un continuo miglioramento individuale. Lavoro sul materiale che ho a disposizione e per adesso ho soltanto me stesso.

Francesco

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