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Cronistoria interiore

Trascorsi l’infanzia a osservare le condotte degli adulti e con l’orecchio captai le prime dissonanze sulle quali cominciai a riflettere tra i succhi di frutta e le pubblicità della Mattel. Imparai l’ambiguità dei triangoli prima che mi venissero impartite lezioni di geometria e fu grazie alla mia curiosità che scoprii i tre vertici di una trasgressione banale: un padre, sua moglie e un’amica di quest’ultima. Osservai i vizi capitali di alcune damigelle e provai una forte repulsione verso le loro abitudini malsane. Iniziai a studiare il malessere di coloro che avevano preceduto la mia nascita e ne feci tesoro per gli anni seguenti. Quando appresi le aberrazioni comuni delle persone normali diventai schivo e sfiorai la misantropia più volte prima di assumere il controllo di me stesso. La mia inesperienza disseminò paure ridicole dinanzi al mio cammino e io persi tempo di fronte alle loro ombre burlesche. Cercai un’identità tra gli stereotipi, ma non riuscii a indossarne nemmeno una e mi avvicinai al vuoto per la sua mancanza di attributi: lo reputai un ottimo punto di partenza e non me ne pentii. Sfuggii dall’avvento dell’edonismo nocivo ed evitai di finire in un suo gulag. Mi rifugiai nel silenzio e rimasi nel mio eremo fino a quando le tendenze all’autodistruzione non abbandonarono i confini delle mie regioni encefaliche. Nel corso dell’assedio emotivo studiai alcune mappe frammentarie per ripiegare verso la mia evoluzione e quando le ostilità cessarono io iniziai a seguire la linee oblunghe che avevo tracciato con un compasso temporale sul piano dello spazio.

Francesco

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