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Una rivalsa immaginaria

Lo straniero non passa più sul Piave, ma si insinua lentamente nel sistema economico sotto la copertura della globalizzazione. Un esercito di opliti senza identità burocratica presidia buona parte dei lavori più umili. La mia esterofilia accoglie a braccia aperte ogni novità che varca i confini nazionali. I capi dei formicai esteri ordinano ai loro subalterni di non prestare attenzione alla xenofobia. L’operazione per l’appropriazione del capitalismo non può cedere il passo alle battaglie ideologiche di qualche credo anacronistico: decenni di totalitarismi lo hanno insegnato involontariamente. Ogni prostituta che non ha più la dignità né il passaporto cresce il proprio figlio affinché un domani diventi il magnaccia delle figlie dei suoi clienti. Molti schiavi imparano dagli errori dei loro padroni ed è per questo motivo che utilizzano l’istruzione per saltare le file invece di usarla per veicolare la tracotanza e lo snobismo che di solito derivano da una cattiva opulenza. Lentamente si invertono i ruoli della legge di Lynch e tutto accade sotto gli sguardi inebetiti dei discendenti dei coloni. L’uomo nero non esce più dall’armadio, ma si presenta in giacca e cravatta con obbligazioni e crediti da riscuotere. Le vecchie oligarchie cadono senza fare rumore e al loro posto subentrano uomini che non hanno bisogno di prendersi le ferie per abbronzarsi. I clandestini si trasformano in candidati e possono contare sull’appoggio armato dello sfruttamento multietnico: è un golpe che nasce nelle lavanderie, nei sottoscala in cui si cuce per tredici ore al giorno e nei campi in cui si raccolgono i pomodori prima di lasciarci il sangue.

Francesco

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