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Un’altra solfa autogena

In questo periodo non frequento la stanchezza e staccherei la spina per un po’ solamente se la mia sopravvivenza dipendesse da una macchina. Sono circondato da un clima entropico sul quale scorrono vizi capitali che mi annoiano. La mia attitudine alla imperturbabilità mi fa storcere il naso di fronte alle preoccupazioni altrui, ma per fortuna non sono ancora in grado di ignorare ogni evento che trova uno spazio su questo pianeta. Credo che il mio atteggiamento distaccato verso molti aspetti dell’esistenza sia il frutto di un’inclinazione personale che in passato ha trovato un humus adatto sul quale svilupparsi, ma ora mi sembra che abbia raggiunto dimensioni ipertrofiche. La mia sensibilità ha un’esteriorità cinica che mi preclude molte occasioni, ma sono contento che il suo aspetto estetico non cada sotto i colpi dell’adeguamento sociale. A me piace mostrarmi per quello che sono e in particolare amo mettere in mostra le zone più recondite della mia interiorità per dare un’immagine completa e immediata della mia persona, ma certe parti di me sono grottesche e non faccio nulla per nasconderle né per edulcorarle. La rinuncia a certi artifici mi costa molto, ma penso che ne valga la pena. Prima o poi la merda di un individuo viene a galla e io preferisco prosciugare l’oceano per mostrare subito i miei lati peggiori. Odio creare aspettative nelle persone e sono innamorato morbosamente della verità. Non mi metto in posa per ricevere applausi, ma calo i pantaloni e mostro le dimensioni ridotte del mio pisello per constatare chi si ferma alle apparenze e chi, invece, è in grado di intavolare un discorso al di là delle cattive impressioni.

Francesco

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