Il volo verso Narita e il primo impatto nipponico

Ad Amsterdam sono salito a bordo del 777 della KLM attorno alle due del pomeriggio dopo i controlli di routine. Hostess bellissime hanno riverito cortesemente il carico umano dell’aereo per undici ore. Sul retro di ogni sedile si trovava un piccolo monitor sul quale era possibile selezionare vari servizi: film, giochi, informazioni turistiche e il tracking dell’aereo. Ho passato il volo accanto a un signore olandese con il quale ho scambiato qualche parola in inglese. Mi ha detto che l’Olanda è il futuro del turismo e che un amico di sua moglie lavora a Casale Monferrato, poi mi ha accennato qualcosa del suo lavoro: a quanto ho capito si occupa del trasporto di qualcosa tra l’India e il Giappone. “Holland is the new Riviera”. Durante il volo ho dormito a fasi alterne e più di una volta ho declinato gentilmente le offerte alimentari di una hostess nipponica che avrei sposato seduta stante con un rito appartenente a una qualsiasi delle tante e fantasiose religioni che galleggiano sul globo. L’aereo ha sorvolato gli Urali, poi la Siberia e la Mongolia oltre, ovviamente, zone di cui non ricordo né il nome né l’ubicazione sul Risiko della Casa Bianca. Ho seguito per un po’ il tracking dell’aereo sul monitor del mio posto e ho trascorso il viaggio tra colpi di sonno e riflessioni esistenziali. Sono arrivato a Narita alle dieci e venti di mattina. Ho compilato un questionario nel quale ho dichiarato di non avere esplosivi né droghe. Ho dovuto attendere fino a mezzogiorno per cambiare i miei euro in yen e con i primi mille ho comprato il biglietto del Limited Expres per raggiungere Ueno attraverso la Kensei Line. Il tragitto in metro è durato ottanta minuti durante i quali ho visto case e casette ai margini della capitale nipponica. Ci ho messo un po’ di tempo per trovare il mio albergo, il New Izu Hotel, ma alla fine ce l’ho fatta. La mia stanza è piccolissima, ma il cesso tecnologico compensa le dimensioni lillipuziane del resto. Sono rimasto un’ora in camera, ho sistemato le mie cose e poi sono uscito. Le strisce pedonali di Tokyo sono enormi e le due schiere di pedoni che le attraversano mi sembrano sempre due squadre di football americano che si affrontano senza remore. Il primo pasto da gaijin è stato modesto ed è economico: un panino targato McDonald per 280 yen e delle bibite che ho acquistato in uno dei tanti distributori automatici che si trovano in ogni dove. Mi è piaciuto molto il Royal Milk Tea: costa appena 130 yen e si mantiene sempre caldo. Per le vie di Ueno ho visto vari negozi e piccole attività minori. Le vetrine sono colorate e simpatiche, alcuni commercianti si appostano all’entrata e illustrano le loro offerte leggendole al microfono. Tutto avviene in maniera educata, senza grida acute né isteria. Ho visto qualche esempio di povertà, ma per adesso nulla di sconvolgente. Mi sono addormentato verso le sette di sera e mi sono alzato alle tre di notte. Adesso sono le sei e cinque minuti del sei febbraio mentre in Italia sono ancora le dieci di sera del cinque febbraio. Mi sento nel futuro, in tutti i sensi. Vado a prepararmi per l’esplorazione della metropolitana di Tokyo.

Francesco

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  • Infatti è così, per questo occorre anche la gestualità.
    Comunque in alcuni negozi i dipendenti conoscono qualche parola standard che permette una facile compravendita.
    Il modo di farsi capire si trova sempre, basta non frasi prendere dal panico e attivare il cervello.

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Francesco

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