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Grosseto express

Ieri, verso le sei di mattina, sono partito alla volta di Grosseto per imbucare personalmente un’epistola importante nella cassetta delle lettere di una persona speciale. Sono andato in treno e ho portato la bicicletta con me. Ho approfittato dell’occasione per filmare alcune scene albeggianti che utilizzerò per i primi minuti del mio videoblog. All’arrivo sono stato accolto dalla solita locandina de “Il Tirreno” sulla quale campeggiava la notizia del suicidio di un trentatreenne. Appena sceso dalla carrozza mi sono diretto verso la tabaccheria della stazione e ho comprato uno snack, una busta per la mia missiva e anche un francobollo, nonostante quest’ultimo non mi servisse. Prima di abbandonare l’atmosfera ferroviaria un disabile mi ha aperto la porta del corridoio che collega la zona d’aspetto del primo binario all’esterno della stazione e una ragazza ha mandato qualche sguardo d’avanguardia verso la mie trincee oculari. Grosseto è sempre lo stesso paesone orribile e d’inverno mi sembra più grigio del solito. Mi piacciono le sue Mura Medicee e le vetrine dei suoi negozi di frutta e verdura, ma non c’è altro nel suo aspetto architettonico che esalti il mio gusto naif. Ho girato in lungo e in largo per un paio d’ore e ho trovato persino il tempo di attentare involontariamente alla vita di un signore che stava uscendo di casa. Mi ha fatto piacere rivedere la “Sala Domino”, la famosa salagiochi grossetana che talvolta ha ospitato le mie assenze ingiustificate da scuola. Trovo che l’accento grossetano sia cacofonico, ma sono sicuro che si trasformerebbe in un suono aulico se stringessi la mano di un’indigena di questo capoluogo di provincia.

Francesco

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