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Introspezione superficiale

Fluttuo lentamente in mezzo al nulla e contengo il mio stupore di fronte all’evoluzione delle mie riflessioni vacue. Ogni tanto volgo lo sguardo verso i trofei esistenziali che ho vinto nelle corse clandestine organizzate dalle avversità e popolate prevalentemente dagli agenti patogeni del male. Ho un palmarès di tutto rispetto, ma tra le mie vittorie manca quella più importante. La mia interiorità porta con dignità gli sfregi che si è procurata nel corso degli anni e ogni giorno contempla l’ambiente in cui si trova con la stessa calma con cui un navajo osserva il crepuscolo dopo una giornata di lavoro. Al di là delle mitizzazioni e delle metafore si trova la mia voglia di pisciare in bocca a ogni ente che sbarra il mio percorso atipico. La mia mente proietta fantasie più irregolari dei maghrebini senza permesso di soggiorno e fotte con durezza le aspettative negative che battono lungo i sentieri ingannevoli della realtà. Ogni giorno rammento la forza e la ridicolaggine della mia individualità. Non soffro troppo per il peso della mia apparente inutilità esistenziale e non mi trovo eccessivamente male nel ruolo del nullafacente, ma ciò a cui aspiro non si trova nel vuoto stagnante che ho eletto a mio eremo né all’interno del perimetro delimitato dai paletti delle mie inesperienze affettive. Osservo il crinale del futuro dalla torre delle mie percezioni e non mi aspetto nulla di buono dagli ambasciatori dell’avvenire. Continuo a contagiare queste pagine virtuali con il disordine dei miei soliti concetti e attendo che qualcosa di nuovo si muova all’improvviso.

Francesco

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