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Parossismo su due ruote

In queste ore battaglio contro i calcoli errati e le coincidenze maledette. Sono stanco. I lunghi giri in bicicletta degli ultimi giorni hanno unito in matrimonio il mio corpo e la spossatezza. Non riesco a dormire e la mia vista è un po’ affaticata. Le mie condizioni fisiche e morali non sono delle migliori, ma ho affrontato momenti peggiori. Durante questi periodi nefasti mi faccio più seghe del solito e mangio qualche barretta di cioccolato al latte. Lo stress tiene sotto pressione le mie tempie, tuttavia non temo per il mio equilibrio psicofisico. Devo scalare ancora qualche giornata sinistra prima di iniziare a recuperare le forze. La mia serenità non ha fondamenta solide e spesso devo ingegnarmi per evitare che crolli su se stessa. Non ho a disposizione le sensazioni di cui abbisogno e cerco continuamente di farne a meno. Quando gli eventi offuscano le ventiquattrore ricorro alle riserve del mio orgoglio per rivendicare la mia anonima appartenenza alla vita. Ho imparato a prevenire gli spasmi emotivi grazie alla casuale osservazione di alcuni afflitti cronici. Sono lucido anche in mezzo ai periodi parossistici e non ricorro ai palliativi per edulcorare la realtà. Non ho un posacenere da riempire per stabilizzare il mio sistema nervoso né voglio averlo, non ho polveri magiche da inalare né voglio riceverle sotto forma di campione gratuito da un pusher controcorrente. Sul mio cellulare non c’è il numero di qualche confessore estemporaneo. Riesco a farmi capire solo dal mio lato razionale e trovo molto conforto nei miei monologhi parzialmente insensati. Ho bisogno di macinare chilometri per seminare le angosce che mi stanno alle calcagna. Tra qualche minuto uscirò con la mia mountain bike e vagherò per ore lungo le strade della mia zona con le cuffie incastrate nelle orecchie, il volume a palla, o quasi, e tanta voglia di prendere a calci nel culo l’inquietudine.

Francesco

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