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Un’altra pennellata apocalittica

Le ambasciate bruciano mentre lunghi cortei di rabbia scellerata intonano versi idrofobi verso cieli cupi. I giacimenti degli imperatori neri vanno a fuoco in mezzo alle sabbie assolate e da quelle stesse sabbie decollano stormi di nubi tossiche che attanagliano le metropoli di tutto il mondo. Fitte piogge di meteoriti deformano le zone rurali del Caucaso e innescano grandi movimenti migratori che uomini avvolti da bandiere diverse tentano di rallentare con mortai e pallottole all’uranio impoverito. I neonati dormono nelle incubatrici e non si accorgono di nulla, e nemmeno i neonati intrappolati sotto le macerie mostrano interesse verso il movimento caotico della società umana. Una dune buggy guidata da sciacalli senza scrupoli lascia le tracce dei suoi pneumatici sopra strade strette e sotto ponti pericolanti. Esplosioni magnifiche si susseguono sulle catene montuose e provocano rumori terribili che percorrono traiettorie diagonali assieme a valanghe abnormi. Le telecomunicazioni non funzionano e nulla può domare la popolazione terrestre che sembra non essere mai paga di violenza. L’età dell’oro non è mai stata così lontana. In una provincia fiamminga, come nel resto del mondo, le antenne paraboliche giacciono in mezzo alla polvere accanto ai resti di alcuni antichi monumenti. In un vecchio studio televisivo si trova una telecamera spenta, ovvero una reliquia dell’epoca in cui la civiltà umana aveva occhi per ipnotizzarsi.

Francesco

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